Tuesday, March 27, 2007

Catena di trasmissione



In seguito ad una costante opera di manipolazione da parte di un amministratore di Wikipedia Italia, il quale, pur essendo privo di qualsivoglia qualificazione, insiste nel definire Shaykh Abdalqadir as-Sufi secondo i suoi discutibili parametri fondati su improbabili accuse di antisemitismo (come se gli Arabi non fossero semiti!), riteniamo opportuno pubblicare la catena di trasmissione della Tariqa Habibiyya-Darqawiyya-Shadhiliyya, di cui cui lo Shaykh e' erede e rappresentante.

A tale proposito, e' necessario ripetere e sottolineare che il nome Murabitun non si riferisce alla confraternita, bensi' al movimento islamico omonimo fondato da Shaykh Abdalqadir as-Sufi nel corso degli anni '80.

Monday, March 26, 2007

LA VIA DI MUHAMMAD


E' possibile scaricare il testo completo in lingua italiana de "La Via di Muhammad" in formato pdf al sito:

http://www.ilbolerodiravel.org/vetriolo/abdalqadir-viaMuhammad.PDF

Saturday, March 3, 2007

TECNICA DEL COLPO DI BANCA


TECNICA DEL COLPO DI BANCA

SHAYKH ABDALQADIR AS-SUFI


I

“La metafora di coloro che si sono presi patroni all’infuori di Allah

è quella del ragno che si è costruito una casa.

Ma la casa del ragno è la più fragile delle case.

Se lo sapessero!

In verità Allah ben conosce ciò che invocate all’infuori di Lui.

Egli è l’Eccelso, il Saggio.

Queste metafore Noi le proponiamo agli uomini,

ma non le capiscono se non i sapienti”.

(29:41/43)

La presente situazione nella quale ci troviamo deve essere considerata un disastro globale sotto ogni punto di vista, nondimeno, ci viene raccontato che il genere umano stia compiendo enormi progressi verso un futuro di trionfo tecnologico e benessere civico. Che possa esistere un tale abisso tra la realtà e la retorica può essere desunto; ciò che deve essere, tuttavia, preso in considerazione sono gli effetti prodotti sul popolino, a cui è inibita ogni critica, per non dire resistenza, di fronte alla frode imponente attuata ai suoi danni.

Al fine di ottenere un chiaro quadro delle calamità calate ora sulla maggioranza della specie umana e animale, è innanzitutto necessario esaminare le radici di un sistema che, per quanto totalmente privo di ragione, tuttavia persiste caparbiamente nei suoi fondamenti razionali.

Il diciottesimo secolo vide la fioritura di un movimento intellettuale detto “Illuminismo”, il quale, accanto a un’etica elevata, esaltava la ragione e lo scientismo con l’apparente proposito di aprire un varco verso la libertà e la giustizia sociale per tutti. Le vantate fondamenta della società corrente, che pervicacemente pretende di essere una civilizzazione, risalgono agli antichi Greci. I loro complessi modelli vitali erano basati sulla rappresentazione di rituali implicanti l’uccisione e ingestione di vergini, madri e padri. Per questa ragione l’uomo antico venne definito Homo Necans, uomo sacrificale. Il punto di svolta di questa cultura si ebbe allorquando Allah l’Onnipotente, come ricordato nel Corano, revocò il comando di sacrificare trasformandolo nel rituale d’immolazione di una pecora sostitutiva, ponendo quindi termine definitivamente a una fase del processo di emersione della coscienza.

“Gli demmo la lieta novella di un figlio magnanimo.

Poi, quando raggiunse l’età per lavorare con lui, gli disse:

“Figlio mio, ho visto in sogno che devo immolarti.

Che cosa pensi di questo?”

Rispose: “Padre mio, fa quel che ti è stato ordinato:

se Allah vuole, mi troverai risoluto.”

Quando poi entrambi si sottomisero,

e lo ebbero disteso con la fronte a terra,

Noi lo chiamammo: “O Ibrahim,

hai realizzato il sogno. Così Noi ricompensiamo quelli che fanno il bene.

Questa è davvero una prova evidente”.

E lo riscattammo con un sacrificio generoso.

Perpetuammo il ricordo di lui nei posteri:

pace su Ibrahim.” (37:101/109)

All’interno della società greca la transizione dall’Homo Necans all’Homo Sapiens vide la riduzione del sacrificio umano da una realtà in atto a una realtà in rappresentazione. Ciò diede origine al cosiddetto teatro tragico di Eschilo e Euripide, la cui serie di drammi ruota attorno al patricidio, matricidio, fratricidio e sororicidio.

È necessario compiere una distinzione tra l’atto di guerra, l’attacco di un avversario, e lo stato di impotenza a cui soggiace una società umana senza un nemico, priva quindi dell’elemento essenziale al suo benessere, dal quale ne dipende la sopravvivenza. Konrad Lorenz, nel suo capolavoro ‘Das Sogennante Böse’, afferma che: “Quel che minaccia direttamente l’esistenza d’una specie animale non è mai «il nemico che intende mangiare» ma sempre e soltanto il concorrente”. Prosegue quindi: “Abbiamo buone ragioni per ritenere che l’aggressione intra-specifica sia nell’attuale situazione storico-culturale e tecnologica dell’umanità il più grave di tutti i pericoli”. Il libro di Lorenz, quando apparve nel 1963 a Vienna, suscitò indignazione tra i vincitori della guerra suicida protrattasi dal 1914 al 1945. La sua tesi era semplice: “Non abbiamo mai trovato che lo scopo dell’aggressività sia l’eliminazione degli appartenenti alla specie in discussione”. Inoltre: “L’aggressività intra-specifica non ci appare assolutamente come un fatto diabolico o come il principio distruttore dalla psicoanalisi classica,..., bensì come uno strumento essenziale dell’organizzazione di tutti gli istinti per la conservazione della vita”.

Nella Surat An-Nisa del Qur’an Allah dichiara ai Musulmani: “I kuffar sono i vostri nemici manifesti”.

Ciò che si scopre esaminando i principi fondamentali e la dialettica di questa miserabile società, ora agonizzante, sono programmazioni strutturali consapevoli, il cui inevitabile adempimento comporta il massacro e la degradazione di una parte della comunità sociale ad opera dell’altra. Allorquando si giunga ad esaminare il compimento della politica modernista nel ventesimo secolo, la politica di sterminio di massa degli ebrei da parte dei Nazionalsocialisti, per non parlare di quella dei Comunisti nei confronti dei contadini Kulak e della borghesia, apparentemente una persecuzione di razza e di classe, non dobbiamo nasconderci il fatto essenziale che, in entrambi i casi, ciò ha comportato il genocidio della cittadinanza stessa da parte di una fazione militante di essa.

Con l’Illuminismo è possibile osservare in piena luce l’emergere di una rigida applicazione di quella struttura di pensiero che trae origine dai filosofi greci. Gli antichi Greci, avendo sottomesso le oscure forze ctonie della specie umana tramite la profonda terapia sociale del teatro tragico, il cui fine era quella catarsi specificamente designata al fine di purificare gli istinti di strage familiare, si volsero ad esaminare sistematicamente la questione sociale del fatto di essere umani. Tale sistema fu la filosofia. I filosofi si assunsero quindi il compito di elaborare progetti fondamentali che indicassero il modo in cui la società avrebbe dovuto essere organizzata. La teoria dello Stato divenne l’oggetto della passione intellettuale. I modelli platonici e aristotelici costituirono le basi di tutta la teoria politica emergente in Europa, nonostante la scomparsa dei modelli sociali esistenti al tempo della loro formulazione, ovverosia: piccole città stato, limitata élite elettorale, schiavitù istituzionale e partecipazione diretta, non rappresentativa. Il diciottesimo secolo vide un’immersione entusiastica totale nelle pratiche dello strutturalismo e del pensiero sistematico, che, per quanto in se stesso rigido e limitativo, fu nondimeno accompagnato da un’elevata esaltazione poetica dell’individuo e della sua indipendenza. Nonostante il titanico avvertimento e la testimonianza del sapiente tedesco, Goethe, che la natura non è un sistema, le dottrine esposte durante il diciottesimo secolo avrebbero trovato una rapida applicazione nel contesto dei destini dell’uomo. Nel corso di questa disamina sarà quindi necessario tenere presente che la Bibbia di Robespierre fu Rousseau.

*******

Durante le faraoniche e stravaganti celebrazioni del bicentenario della Rivoluzione Francese, un evento costato centinaia di milioni di franchi, per lo più pagati, non sorprendentemente, da istituzioni bancarie, apparve, accanto a grandi classici quali Michelet, un numero significativo di nuovi studi sulla Rivoluzione. Dopo duecento anni ci si sarebbe aspettati da questa grande società razionale, che si vanta di essere figlia della Rivoluzione, una visione aperta e distaccata di ogni aspetto di quell’evento che ha sconquassato il mondo. La monarchia, invero, venne sottoposta a una valutazione più generosa e più giusta. Nel corso di un processo televisivo, in cui comparvero eminenti avvocati francesi, una giuria di cittadini concesse l’assoluzione a Luigi XVI. Dell’intera letteratura prodotta, tuttavia, un solo evento e un solo popolo vennero marginalizzati, ignorati o definiti in maniera tale che il loro tragico destino apparisse l’inevitabile fio gravante su quanti opposero resistenza alla marcia in avanti del Progresso. Mi riferisco all’eroica e indomita sollevazione contro le forze della rivoluzione in La Vendée.

Quegli storici e analisti più inclini ad ammettere la realtà di quanto là senza ombra di dubbio avvenne, hanno insistito tuttavia su quell’unico elemento che impediva la percezione della realtà nella sua forma propria. Qualsiasi esame del genocidio nazista che tentasse di fornire una spiegazione nei termini della tesi nazionalsocialista sarebbe respinto con orrore. Quei tentativi, compiuti anche da intellettuali europei, sia marxisti che neo-marxisti come Sartre, di giustificare la repressione degli Ungheresi e il genocidio dei Gulag nell’ambito di una dialettica fondata su una dottrina di lotta di classe, dovettero infine essere abbandonati. Duecento anni dopo la Rivoluzione Francese, la strage di massa compiuta in La Vendée venne presentata come la risposta alla contro-Rivoluzione, valendosi dello stesso termine utilizzato precedentemente per razionalizzare –in quanto tale è l’uso della ragione– la tragedia, come vedremo.

La moderna costruzione del sistema politico statale, il cui principio risale alla Rivoluzione Francese, ha sempre prodotto un vocabolario e un metodo astratti al fine di de-umanizzare i suoi nemici. Dal Comitato di Pubblica Sicurezza al Politburo, termini quali “nemico del popolo”, “reazionario”, “contro-rivoluzionario”, ben lungi dal presentare un carattere di fredda scientificità, sono serviti ad ordinare e perpetrare stragi di massa. Di fronte alle orribili contraddizioni rivelate, seppure a un secolo di distanza, questo terribile evento continuava ad animare un potente e complesso dibattito. Da una parte vi era Michelet, il quale proclamava la nuova retorica dell’idealismo e divulgava la grande menzogna che il Popolo era l’eroe, seppure una tale entità non abbia un’esistenza né storica, né biologica. Dall’altra Burke, con le sue critiche e pragmatiche “Riflessioni”, avanzava una visione pessimistica foriera di sventure peggiori. L’intelletto titanico di Carlyle sollevò la questione se esistesse una tal cosa quale un processo storico. Riconoscendo la rapidità e ferocia degli avvenimenti, egli dipinse tutti i suoi personaggi come semplici diramazioni di un bianco fiume scrosciante nella spuma degli eventi diretto impetuosamente verso il mare. Il suo punto di vista, più sofisticato con il passare del tempo e l’amara realtà della sua situazione contemporanea, si risolse nel paradosso degli accadimenti: l’Antico Regime doveva essere spazzato via, per quanto il futuro sarebbe stato ancora più terribile, seppure inevitabile. Grandi scrittori quali Scott e Stendhal si confrontarono con l’enigma di una rivoluzione conclusasi con la dittatura monarchica di un genio spettacolare, Napoleone. Fin dai giorni in cui i grandi intelletti si dedicarono a decodificare la storia, e con l’inesorabile marcia del capitalismo borghese, la Rivoluzione Francese assurse a mito della spinta dell’uomo verso la libertà oltre che una sorta di autorità religiosa per la creazione dello stato moderno, il quale si dichiarò democratico quantunque fosse l’invenzione del dittatore Napoleone. Nel duecentesimo anniversario della Rivoluzione, dunque, la storia è stata riscritta. La Vendée, luogo di resistenza eroica, divenne una nota a piè di pagina qualora fosse menzionata, con l’avvertenza da parte degli autori che i crimini erano stati parimenti commessi dai Vandeani, spianando così la strada a quanto sarebbe poi stato sostenuto di fronte ai vergognosi massacri in Kosovo e Cecenia.

L’attuale versione ufficiale della Rivoluzione Francese presenta l’intrigante storia della collana della regina come metafora storica rivelatrice della corruzione di una monarchia in declino. Una metafora più appropriata per l’incombente bagno di sangue sarebbe la storia della ghigliottina. Quest’ultima fece la sua comparsa dapprima nella Tribuna del Popolo come modello proposto alla considerazione dei rappresentanti da un dottore-deputato, il quale affermò orgogliosamente che: “Il meccanismo cala all’improvviso, la testa vola, il sangue sgorga a fiotti, l’uomo non è più. Anche se avesse vissuto come un villano, la Nazione gli permetterebbe di finire con dignità. Una reciproca dignità che risplende sulla Repubblica e il suo Codice.” Mirabeau sostenne il progetto con tale entusiasmo che l’invenzione del dottor Guillotin fu quasi chiamata la “Mirabelle”. Era la democrazia al lavoro. Venne costituito un comitato di esperti: anatomisti, chirurghi, meccanici e carpentieri. Ogni aspetto venne discusso. L’altezza della lama, la larghezza dello strumento, lo spessore della corda, la puleggia, l’asse per la vittima. Alla lama in particolare venne riservata una particolare importanza. Luigi XVI, magnano per passione, dedicò molte ore a tale parte della macchina. Come avrebbe dovuto essere la lama: dritta, curva o obliqua? Si giunse quindi agli esperimenti, dapprincipio su ovini, quindi su cadaveri. La ‘prova’ si tenne nella corte dell’Hospice de Bicetre, mentre la ‘première’ nella Place de Grève. Fu un grande successo. Luigi XVI stesso firmò il decreto per la sua adozione nel regno intero. È necessario tener presente Michelet qualora si ricordi l’enorme popolarità di questo strumento di morte. Fin dal principio della Rivoluzione Francese è possibile discernerne il carattere particolare, inusitato nella storia. Questa, per la sua urgenza precipitosa, è guidata dalla filosofia, ossia da una procedura designata al fine di creare un modello dello Stato, il quale, a sua volta, deve essere sottomesso alla disciplina di tale metodologia di pensiero. In altre parole, lo Stato sarà un sistema. E che cos’è questo se non una macchina? E che cos’è questa, se non la scienza stessa? Una volta che lo Stato è divenuto uno strumento scientifico, allora la vera natura della scienza stessa appare al comando. Una logica interna, un presente analizzato, un futuro progettato, una diagnostica del passato: tutto ciò detta e ordina la via di condotta. La metodologia scientifica nasconde la più terribile e inevitabile verità: che, nonostante tutto, queste procedure sono messe in moto dalla volontà di una singola persona. Se la ghigliottina è la perfetta metafora dello stato strutturalista ai suoi primitivi esordi, allora, indubbiamente, il campo di concentramento e il Gulag ne sono la superba e, per valerci di un aggettivo opportunamente scientifico, evoluta realizzazione. È possibile, a partire dal pubblico accusatore Fouquier-Tinville, con il suo cinico e arrogante entusiasmo nel condannare a morte elogiando la ghigliottina, “Le teste cadono a dozzine, come tetti d’ardesia in una tempesta”, e nel rispondere a un giovane uomo che dal banco dei condannati gli disse: “Ma, presidente-cittadino, posso andare, il mio nome non è nella tua lista?” “E cosa stai aspettando” replicò Fouquier “a inserirlo nella lista!” — tracciare una linea diretta che conduce ai cinici accusatori dei tribunali del KGB, secondo il resoconto di Solzhenitsyn. In una fabbrica locale Stalin apparve agli operai. La sala si levò in piedi in un’ovazione. Nessuno, quindi, per la paura osava interrompere gli applausi. Un caposquadra, infine, presa l’iniziativa, si sedette. Gli altri seguirono. Un mese dopo, questi, pur protestando incessantemente la sua innocenza, si ritrovò condannato a vita nel Gulag siberiano. Lasciata la corte, il suo accusatore gli disse: “Questo ti insegnerà a non essere il primo a smettere di applaudire.”

La ghigliottina rimane la perfetta metafora della democrazia politica. Uno strumento freddo e scientifico progettato al fine di rendere la morte rapida, basato su forti principi di scientificità. La sua realtà era l’opposto. Il carnefice, sollevata la testa di una vittima, una donna particolarmente invisa alla folla (il Popolo), la schiaffeggiò sul volto, questa arrossì. Gli osservatori presso il patibolo notavano che le teste nel cesto storcevano la bocca, rimanendo attive pur dopo la caduta della lama. Il cesto doveva essere sostituito ogni tre mesi, a causa dei morsi disperati delle vittime. Il vero programma di genocidio, ovverosia tortura e morte orribile in massa, era in se stesso il prodotto di una metodologia, di un calcolo, di un piano sistematico e di una dottrina filosofica. L’affermazione di Fouquier: “Sarò presto in grado di apporre l’inserzione ‘Affittasi’ sulle porte delle prigioni!”, implica la medesima procedura per pervenire a un livello statisticamente accettabile di morte È il caso di quel commissario che deliberatamente affondava i prigionieri lavoratori nel Volga per risolvere i problemi di sovraffollamento. Solzhenitsyn, nel suo monumentale studio sui Gulag, dimostra con estrema diligenza come le stragi di massa del regime di Stalin non furono perpetrate in spregio alla Costituzione, bensì costituirono il risultato della sua meticolosa applicazione. Una volta concesso ad ogni distretto il permesso di compiere un dato numero di arresti, diciamo cinquecento, qualora, sulla base di sospetti, ne fossero stati compiuti soltanto cinquanta, la polizia locale avrebbe dovuto effettuarne altri quattrocento cinquanta al fine di adempiere i suoi obblighi costituzionali.

È tale armonia tra il governo strutturale e l’atto di sadismo e omicidio l’elemento vitale che deve essere compreso. Il fatto, brutale, a cui si deve fare fronte, è che il governo del Popolo, per il Popolo e dal Popolo, fino al giorno della sua scomparsa dalla terra, garantirà guerre civili, campi di concentramento, esecuzioni, genocidi e dittature, in quanto decreta che gli individui più bassi, peggiori, maggiormente repressi e squilibrati possano mettere le mani su questo strumento di potere, lo Stato strutturale, per la cui progettazione non hanno avuto, in primo luogo, sufficiente intelletto o visione, per poi servirsene, entro i limiti delle loro circostanze particolari, in vista del totale appagamento delle loro fantasie.

La definizione della democrazia data da Bernard Shaw nella sua commedia “Geneva”: “Chiunque, scelto da ognuno!” (“Anybody, chosen by everybody!”), mostra soltanto la metà di quel disastro chiamato democrazia. L’altra metà, la quale, combinata al primo elemento, crea il disastro, è la collocazione di elementi non idonei in quel preesistente complesso di meccanismi detto Governo Costituzionale, liberando così, sulla base di una selezione casuale, una volontà individuale di rappresentazione delle sue spinte interiori che si vale di tutti i meccanismi dello stato fiscale e penitenziario. La prova di tale relazione tra la democrazia del Governo Rappresentativo e l’individuo conferito di poteri si ritrova incessantemente nelle assemblee democratiche d”Europa. Durante una seduta dell’Assemblea francese, ventidue girondini vennero condannati alla ghigliottina. Quando uno di loro, Valazé, si pugnalò a morte sul banco, Fouquier ordinò furiosamente di ghigliottinarne il cadavere. Tale evento potrebbe essere definito traumatizzante, ma ciò che è veramente terribile è la reazione dei Rappresentanti del popolo, i quali non vi trovarono nulla di sconvolgente. Il discorso verteva sulla rigenerazione del popolo francese, sull’eliminazione dei rami marci e sulla purificazione della Rivoluzione. Questi termini –l’Alta Retorica– rappresentano, in realtà, l’ordine di comando per il genocidio. La stessa prosa esaltata si ritrova nel Senato degli Stati Uniti sotto forma di autorizzazione, la strutturata autorizzazione costituzionale, utilizzata per eliminare dalla faccia della terra i popoli americani nativi. Una task-force che esaminò il problema concluse che essi non erano esseri umani nel senso dei popoli civilizzati, in quanto non avevano creato alcun monumento di pietra. La categoria di sub-umano è stata applicata alla razza degli ebrei, alla classe di contadini Kulak, alla nazione Navaho, ai musulmani bosniaci, ai musulmani kosovari e ai musulmani ceceni. È attualmente applicata ai musulmani dell’Est Turkestan, migliaia dei quali sono al momento sottoposti a castrazione, sterilizzazione, tortura, imprigionamento da parte di un governo eletto che li definisce sub-umani e il cui criminale genocidio è gentilmente ignorato dagli altri stati democratici.

Dopo la morte di Danton, al quale, in ultimo, non fu concesso di parlare, poiché il Popolo lo avrebbe assolto, le esecuzioni subirono un’accelerazione. A Parigi, durante una seduta, vennero condannate cento cinquanta persone. Al vertice del suo potere, Fouquier, per intimidire l’Assemblea, fece porre una vera ghigliottina tra le due ali della Convenzione, dissolvendo così ogni dubbio su chi realmente detenesse il potere. Alessandro Dumas, pur disperatamente fedele all’ideale repubblicano, era una uomo troppo grande per poter negare quanto riconosceva essere la sua intollerabile contraddizione. Nel mezzo della sua vasta “Storia di Francia”, salito sul patibolo, il suo eroe dichiara: “È di moda gridare lunga vita a qualcosa quando si muore. Prima, si gridava “Lunga vita al re!”. Ma ora non c’è più re. Quindi: “Lunga vita alla Libertà!”. Ma ora non c’è più libertà. Gridiamo allora: “Lunga vita ai carnefici!” Il che ci unisce tutti.” Fu così che, allorquando il governo democratico della Rivoluzione invocò giustizia, ciò che ne seguì fu inevitabilmente un evento strutturalista, autorizzato dall’Assemblea. Passando attraverso l’intera struttura di comando dello Stato, dal Comitato rivoluzionario al tribunale, alla commissione militare, al governo locale, tutto ciò fu accompagnato dalle frasi più terrificanti al fine di incutere terrore, assicurandolo ogniqualvolta fosse applicato: Poteri Speciali. Iniziato durante il Terrore, raggiunto l’apice dell’orrore in La Vendée, doveva risuonare attraverso l’Europa nel corso di duecento anni di applicazione, arrestando grandi, tra cui Wagner e Bakunin, Hugo e Chenier, oltre a innumerevoli sconosciuti da Odessa a Belfast. Georges Amiand, nel suo studio decisivo “Et La Vendée sera Détruite”, insiste che gli orrori perpetrati in La Vendée furono applicati con rigore e metodo. Ha definito cinque fasi: costituzione di contingenti, detenzione, giudizio, esecuzione, evacuazione. Le cinque fasi erano gestite dall’amministrazione locale, sebbene le prime tre dipendessero dai cittadini-rappresentanti del Popolo. I risultati, ben lungi dall’essere fredde procedure scientifiche, furono raccapriccianti. Amiand, ad esempio, descrive un giorno in cui, su richiesta della Rappresentanza del Popolo, i carretti per il trasporto dei condannati furono riempiti di giovani ragazze e bambini che il governo si era dimenticato di giudicare. Questi furono scortati attraverso la città di Nantes verso la Place du Bouffay dove la ghigliottina li attendeva.

Le madri aiutavano le figlie sul patibolo mentre il Popolo osservava rispettosamente la decapitazione di donne e bambini. Carrier, il primo comandante della Repubblica nel distretto, fu costretto a dipingere di rosso la pavimentazione della piazza per nascondere la vista del sangue versato. Non appena le ragazze vennero allineate per essere giustiziate, iniziarono ad intonare inni. Due giorni dopo il boia morì di vergogna. La repressione della sollevazione de La Vendée doveva registrare, nondimeno, dodicimila funerali in otto mesi. Carrier giunse semplicemente alla conclusione che la ghigliottina non era all’altezza del suo compito. Qualcosa doveva essere fatto. Dichiarò quindi la Loira fiume ‘repubblicano’ e torrente ‘rivoluzionario’. Il nuovo sistema era pronto. Nella notte del 18 novembre 1793, novanta preti che avevano rifiutato il giuramento alla Costituzione Civile vennero condotti su una chiatta chiamata La Gloire, trasportati sul fiume, rinchiusi nella stiva, e affondati dalle guardie nell’oscurità della notte. La prigione era vuota, pronta per il prossimo gruppo. Carrier motteggiò: “Se questi briganti nella prigione si lamentavano per la fame, ora, per lo meno, non si lagneranno per la sete!”. “Deportazione verticale” fu il termine designato per questo metodo popolare.

Il 10 dicembre cinquanta preti di Angers affrontarono lo stesso destino. Il 14 dicembre centocinquanta civili. Il 22 dicembre trecentocinquanta. Il 23, ottocento. La vigilia di Natale, trecento. Natale, duecento. Il 27 dicembre, cinquecento. Un distretto dopo l’altro iniziò ad applicare lo stesso metodo di esecuzione di massa. Venne definito ‘battesimo patriottico”. In un mese soltanto furono affogate cinquemila persone. Questo era soltanto una parte del genocidio, devono essere infatti aggiunti i plotoni di esecuzione di Gigant e i carri inviati alla ghigliottina da Bouffay. Un totale di dodicimila persone –uomini, donne e bambini– furono così massacrate per ragioni di Stato, e questo soltanto in La Vendée. Il generale Grignon si vantava: “Ne stiamo uccidendo più di duecento al giorno!”. Il generale Huché: “In due giorni ne abbiamo ammazzati duecento!”. Il generale Cordelier: “Abbiamo massacrato a colpi di baionetta un’intera popolazione.” Mentre il grande carnefice de La Vendée, Turreau, poteva vantare cinquecentosessantaquattro uccisi a Lucs-sur-Boulogne, trecento a Rocheserviére, cinquecento a Gaubretiére, trecento cinquanta a Verrie, centosessanta a Brouzils e svariate altre centinaia a Herbiers, Loroux-Bottereau, Legé, Cholet e Vézins. L’ordine era: Vendée, il Cimitero Nazionale.

L’armata de La Vendée respinse l’esercito repubblicano, suscitando una forte impressione nella Convenzione di Parigi. Robespierre, divenuto eloquente, dichiarò alla Convenzione: “Questa sconfitta non è un semplice insuccesso militare. Nella lotta della Libertà contro la Tirannia, è necessario farne un esempio!”. Fu sufficiente. Marcé, il comandante repubblicano venne condannato a morte e ghigliottinato poche settimane prima dell’arrivo di Turreau. Amiand, lo storico de La Vendée, accusa in maniera ineluttabile il nuovo governo repubblicano democratico di essere il diretto autore delle stragi nella regione. Venne indetta una mobilitazione generale per combattere i Vandeani: i loro beni furono espropriati, i boschi e le foreste distrutti, i raccolti confiscati, la popolazione deportata, perfino gli intellettuali rivoluzionari sottoposti a lavaggio del cervello al fine di estirparne le idee religiose. Si ebbe infine una ricolonizzazione. La scienza stessa fu chiamata in causa allo scopo di risolvere la crisi. Nel Palais des Débats una ricerca da parte del Comitato Scientifico cominciò ad approntare armi chimiche. I gas tossici furono testati dapprima su ovini. La metà degli animali morirono asfissiati. Carrier, esaltato, disse: “Ora, non ci manca altro che mettere arsenico nei pozzi!”. Ebbe così inizio nella storia d’Europa la prima gassazione di quanti in precedenza detenevano il titolo di cittadini. Con l’arrivo di Turreau si ebbero le peggiori atrocità nella scala più ampia. Il 21 gennaio 1794, anniversario dell’esecuzione di Luigi XVI, La Vendée fu circondata e il massacro di massa ebbe inizio.

Turreau ordinò: “Per annientare questa orda di briganti, considero indispensabile bruciare paesi, città, villaggi e fattorie. A tal fine, richiedo un’espressa autorizzazione o un decreto.” Le donne e i bambini dovevano essere passati a fil di spada. “Se i miei propositi saranno adempiuti, in due settimane né una casa, né un villaggio, né un abitante rimarranno in vita.” Turreau scrisse l’ordine di suo pugno: “Villaggi, paesi, boschi, terre siano messi a fuoco. Si utilizzi ogni mezzo per scovare i ribelli. Ogni ribelle sia passato alla baionetta. Lo stesso sia fatto con donne, ragazze e bambini.” Firmato: Turreau, Generale in Capo dell’Armata d’Occidente. La Convenzione concesse l’autorizzazione. Fu un argomento razionale e scientifico. Il lavoro avrebbe dovuto essere portato a termine il 3 o il 4 di febbraio. La Repubblica avrebbe così avuto a disposizione dodicimila uomini da inviare in un’altra battaglia. L’Umanismo, lavorando sulla base dei suoi principi e metodi fondamentali, aveva realizzato le sue più elevate possibilità.

Così i soldati della nuova società imperversarono furiosamente attraverso le province occidentali di Francia, al motto: “Libertà, Uguaglianza, Fraternità!”, inconsapevoli che l’ideatore, l’editore Mèmoro, fosse già stato inviato alla ghigliottina. Il 5 dicembre 1790 Robespierre delineò i principi del motto a quella stessa Convenzione che ne aveva condannato l’autore alla ghigliottina. Robespierre annunciò: “La specie umana è sovrana della terra.”

I difensori di questa nuova esaltata religione tracannarono, violentarono e massacrarono per tutta La Vendée. Collane di orecchie umane al collo, teste di neonati sulla punta delle baionette. A Nantes furono estratte pentole di grasso umano dai cadaveri nella fornace. A Ponts-de-Cé, i chirurghi selezionarono alcune vittime che furono poi scuoiate in una conceria speciale adibita a esperimenti scientifici. Da questi orrori alla regolare crocifissione dei neonati sulle porte delle fattorie, nulla rimase impensato o irrealizzato. Il 17 febbraio, un generale scrisse a Turreau, suo ufficiale superiore, di aver trucidato l’intera popolazione di La Verie, cinquecento tra uomini, donne e bambini. La risposta fu: “Coraggio, mio camerata! Se ogni ufficiale ne uccidesse a centinaia quanti tu, finiremmo molto presto!”. A quell’ufficiale che mise in questione lo sterminio di massa dei bambini, fu risposto: “Sono piccoli lupi!”. Lo stesso termine fu adoperato, con la tacita approvazione dell’Unione Europea, dai Russi per giustificare i massacri di Ceceni.

Lunedì 15 luglio 1974, la Grecia, membro della NATO e della Comunità Europea, iniziò a porre in atto il suo piano per la trasformazione dell’isola di Cipro in entità nazionale greca. H.S. Gibbons ha compilato un resoconto dettagliato dell’accaduto. I documenti prodotti rivelano chiaramente l’intenzione dei Greci di Cipro di annientare l’intera popolazione turca. I piani di sterminio sono attestati in dettaglio nel documento no. 216/5/296, datato 7 marzo 1974, emesso dal terzo Alto Comando Tattico Militare della Guardia Nazionale in Nicosia, firmato dal comandante Mikhael Georgitses. L’intera popolazione greca doveva essere mobilitata nel genocidio dei loro concittadini. Il nome in codice dato all’intero piano era “Iphestos”, Vulcano. Venne descritto come un’operazione di Sicurezza Interna (SEA). Il documento descrive nei minimi particolari il modo in cui seppellire i cadaveri dei Turchi nel cimitero turco cipriota. Un personale per il lavaggio del cervello fu assegnato al Comando Gruppo Tattico al fine di preparare i cittadini-assassini ad assolvere rapidamente il compito di purificazione di Cipro a favore dello status nazionale greco. Tale processo di genocidio venne intrapreso e significativamente condotto con successo, se non che, gli errori della struttura di comando militare, il fallito tentativo di rimuovere Makarios, l’eccessivo differimento dell’intervento delle Nazioni Unite, per non parlare della riluttanza britannica a fare alcunché, spinsero la situazione a un punto tale da costringere la Turchia a intervenire per portare in salvo il resto della popolazione turca.

Qualora si affronti il tema dello stato repubblicano la storia moderna è presentata e insegnata, sia al popolare livello da supermercato o programma televisivo, che a livello di discorso erudito, in modo tale da separare gli alti ideali e valori della nazione moderna dalla continua testimonianza dei suoi crimini e genocidi. Affermare che la Germania Nazional Socialista non fosse una democrazia, che la Russia Comunista non fosse una democrazia, è un inganno cinico e deliberato. Da un punto di vista esistenziale, la relazione dello Stato nei confronti del cittadino nella Germania nazista, nella Russia stalinista, nell’America di Nixon o nella Gran Bretagna di Churchill non era, in realtà, differente. Nessuna Libertà. Nessuna Fraternità. E, senza dubbio, nessuna Uguaglianza. La riduzione della popolazione di Bosnia-Erzegovina allo status di protettorato, la revoca dei loro famosi Diritti di libera stampa e parola, la censura dei testi, l’espulsione di sindaci e ministri dai loro uffici da parte del Protettore NATO, non è altro che il risultato dello stesso schema di procedura che autorizzò lo sterminio di massa dei Vandeani, la raccolta degli ebrei, l’attivazione del sistema Gulag, nonché lo sganciamento di centinaia di bombe antiuomo inesplose nelle campagne del Kosovo per consentire il continuo controllo e perpetrare il terrore allorquando le orde serbe cristiano-ortodosse fossero state respinte.

Una volta esaminate le prove de La Vendée, alla quale dobbiamo aggiungere i massacri minori, seppure non meno orrendi, perpetrati nelle altre province, appare chiaro che il Terrore non fu un mero evento urbano circoscritto a Parigi, cuore della Rivoluzione, bensì l’attuazione stessa di quanto aveva determinato la deviazione dell’umanismo da fantasia poetica in condizione civica. “Grazie” scrisse Voltaire a Rousseau “per avermi inviato il tuo ultimo libro contro la razza umana!”. Voltaire non si ingannò nel considerare le dottrine del Contratto Sociale una dichiarazione di guerra contro il popolo. Umanismo è assassinio.

II

Con l’avvento della data 2000 del calendario, miliardi di banconote vennero spese allo scopo apparentemente vitale di correggere un errore endemico del computer dovuto all’incapacità del programma di registrare la linea del cambiamento di data oltre il ventesimo secolo. Un vasto programma di propaganda fu diffuso in tutte le nazioni del mondo avvertendo dei disastri incombenti che sarebbero derivati da tale malfunzionamento digitale di trasformare la prima lettera di una sequenza di quattro da uno a due.

Il millenovecentottantanove segnò il bicentenario della Rivoluzione Francese. Tale evento avrebbe prodotto tutti gli elementi essenziali, le ricostruzioni, i principi istituzionali e la metodologia da cui sarebbe derivato ogni singolo stato nazionale nel mondo. Alle imponenti celebrazioni parigine, a cui presenziarono tutti i maggiori capi di stato, il presidente russo dichiarò che la rivoluzione bolscevica non sarebbe stata possibile senza lo straordinario conseguimento di quella francese. Al culmine dei festeggiamenti, ai cui enormi costi, deve essere ricordato, provvidero le banche, un’enorme cantante nera d’opera coperta di un vasto tricolore, intonando La Marseillaise al suono di una banda militare, fu condotta verso la Place de la Concorde, il sito storico in cui era allocata la più importante delle duecento ghigliottine allora attive nella città, su un mezzo che malauguratamente ricordava una carretta per condannati. Questo ridicolo spettacolo in qualche modo incorporò tutti gli elementi dell’enorme impostura operata ai danni delle masse. La cantante era nera. Era americana. Era avvolta nella bandiera di un altro paese. Cantava l’inno nazionale francese. Quest’ultimo era stato dapprincipio una canzone rivoluzionaria, per quanto anche il partito al potere in Messico negli ultimi cinquant’anni sia detto Partito Rivoluzionario Istituzionale. Lo spettacolo al quale la sventurata signora prese parte, fu in se stesso una celebrazione assolutamente pagana. È molto probabile che esssa fosse cristiana. I “cittadini” francesi nordafricani la osservarono sulla sua carretta per condannati ad appena un decennio di distanza dalle sevizie e torture subite per mano della polizia di Parigi. Una mattina particolare, al suo risveglio la città scoprì innumerevoli cadaveri galleggianti nelle acque della Senna. Sia in Marocco che in Algeria, decine di migliaia di persone vennero massacrate nel rispetto della brutale tradizione democratica, secondo l’esempio de La Vendée. Ogni motto dell’Esercito francese e dell’O.A.S., che durante le stragi aveva accompagnato le uccisioni, riecheggiò nel corso delle celebrazioni per il bicentenario. Invero, nel posto più elevato dell’Arco di Trionfo di Napoleone venne inciso in gloria il nome del generale Turreau, il Macellaio de La Vendée.

Gli Stati nazionali e democratici che costituiscono l’Unione Europea, come ogni altro Stato nel mondo che, per un eccesso di ignoranza, si vanti di essere uno stato nazionale nonché una democrazia, avrebbero dimostrato maggior saggezza se avessero impiegato le loro energie per risolvere le cause radicali dell’abietto fallimento loro e delle ancora più orribili istituzioni internazionali, cogliendo così il vero significato di quanto stava prendendo piede alla fine del diciottesimo secolo. È di vitale importanza riconoscere i cambiamenti che queste nuove idee apportarono ad una società che per anni aveva funzionato secondo un differente complesso di modalità e leggi. Voltaire dichiarò che nell’arco di cinquant’anni tutto sarebbe cambiato. A che cosa si riferiva? Volgendoci ad esaminare il modello precedente nel momento del suo pieno funzionamento, ci si imbatte nel regno di Luigi XIV. È importante enfatizzare che non si tratta di un vano esercizio storico, bensì di un completo processo di rivalutazione del punto al quale siamo pervenuti, al fine di poter avanzare una rivendicazione simile a quella avanzata da Voltaire duecentocinquanta anni or sono. Si reputa che Luigi XIV abbia detto: “L’Etat, c’est moi.” Naturalmente non lo ha detto. Egli non era lo Stato. Era la bambola animata al centro del teatro giocattolo della corte e dei cortigiani ideato allo scopo di rappresentare simbolicamente lo Stato sotto forma di un complesso e ben progettato carillon. Luigi XIV basò questa struttura rappresentativa sul palazzo del suo Surintendant des Finances, Nicholas Fouquet. Nel suo perfetto e ragionevolmente proporzionato palazzo a Vaux-le-Vicomte, Fouquet aveva riunito quei grandi genî, tra cui La Fontaine, Molière, Corneille e Madame de Sèvignè, i quali rappresentavano un complesso di valori che con lui sarebbe finito. Tali valori risalivano, invero, all’epoca di Luigi XIII: onore personale, valore, lealtà e affetto per il re. Si potrebbe dire che Luigi XIV nazionalizzò Fouquet. In luogo di un magnifico palazzo privato, sorse, secondo una grandiosa disposizione geometrica, Versailles, un vasto e pretenzioso insediamento abitativo. Con la crudele condanna di Fouquet al carcere a vita, l’abietto Borbone si rivestì di assurdi, per quanto emblematici costumi, dando inizio alla ritualizzazione e formalizzazione di quanto un tempo era stato “il turbine e la fretta” della cortesia aristocratica. A prima vista, egli avrebbe meramente istituzionalizzato l’aristocrazia in un unico corpo cingente il Re Sole. Dietro le quinte, nondimeno, stava prendendo piede la vera dimensione di quanto potrebbe essere più propriamente definito modernismo. L’élite dell’Ancient Régime era il clero. Il loro leader, il cardinale Richelieu, era dunque la figura che deteneva il comando del bilancio e della ricchezza del re e della nazione. Alla sua morte, Colbert ne prese il posto, incoraggiando il giovane re a incarcerare Fouquet, ottenendo così il totale controllo del potere finanziario di Francia. Quanto ne seguì fu l’emergere di un’economia mercantilista, che, per quanto fondata sull’antico sistema feudale di potere aristocratico, fu in grado, tramite la macchina Versailles, di ridurre la nobiltà a un’alta burocrazia, forzando le tasse baronali nel sistema finanziario centrale nazionale. Lo Stato non era né Luigi, né Colbert, ma piuttosto un nuovo sistema diretto da una vecchia combriccola, il cui motto era stato: “Un Re, una Fede, una Legge.” La società francese era divisa in tre ordini: il clero, la nobiltà e il terzo stato. I primi due erano i privilegiati. Il privilegio di maggior rilievo consisteva nell’immunità dall’imposta fondiaria, la quale gravava unicamente sul terzo stato. Oggetto del nostro esame sarà ora il mutamento sismico avvenuto con la distruzione dell’Ancient Régime e l’apparizione di quanto sarebbe poi divenuto il Nuovo Ordine Mondiale. I tanto osannati “Diritti” rivendicati dall’uomo, non erano altro, in realtà, che un linguaggio positivo per definire l’abolizione dei privilegi. Il 26 agosto 1789 si ebbe la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, la quale proclamava l’eguaglianza di fronte all’Assemblea Nazionale. Il primo articolo dichiarava: “Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali in Diritti.” Nel 1790, un consigliere del Parlamento di Parigi, Morel de Vindé, in uno studio sulla Dichiarazione, dovette sviluppare alquanto questa famosa asserzione, avvertendo: “Badate, amici miei, si correranno dei pericoli qualora questa parola, uguaglianza, venga fraintesa. Ciò potrebbe comportare conseguenze problematiche per la società. [...] Vi è nella società una necessaria eguaglianza di diritti, ma vi è anche un’indispensabile diseguaglianza. [...] Il rispetto di questa naturale ineguaglianza è addirittura uno dei primi doveri dell’uomo che vive in società, poiché ogni cittadino ha essenzialmente ed egualmente il dovere di mantenere la sua proprietà, per quanto piccola o considerevole possa essere.” Questa Dichiarazione, in realtà, fornì i mezzi con i quali, il 5 novembre, l’Assemblea poté disgregare l’antico ordine, abolendo il clero, essendo i suoi membri divenuti cittadini, e la nobiltà ereditaria, con il suo retaggio, i suoi titoli, i domestici in livrea e gli eserciti privati. Fu anche sancita l’abolizione della servitù della gleba, che obbligava gli uomini a rimanere legati ad una data terra. Fu così che, nella nuova Repubblica di Francia, la Chiesa Cattolica romana, in quei giorni, giunse al termine. Il completamento di tale assoluta abolizione finanziaria e politica doveva essere accompagnato da una serie di atti che avrebbero garantito, per estensione, la fine della chiesa cattolica. Verranno minuziosamente analizzati in seguito i singoli passaggi che condussero alla finale ed irreversibile abolizione della cristianità. È dapprima tuttavia necessario rilevare i prodromi del processo, la prima fase. Si noti che la questione non fu teologica, bensì rivolta alla rimozione dell’accesso alla ricchezza e all’abolizione di quei Privilegi che garantivano l’accesso al potere politico per influenza e prossimità.

Nel 1763, Voltaire scrisse un pamphlet dal titolo: “Traité sur la Tolérance”. La revoca dell’Editto di Nantes nel 1685, proibendo l’esistenza della religione protestante in Francia, garantiva la fondazione di uno stato totalitario cattolico. Con la propagazione della filosofia di Voltaire, tuttavia, un nuovo complesso di idee era destinato a por fine all’Ancient Régime sostituendovi un ordine sociale totalmente rinnovato. Il 19 novembre 1787, Luigi XVI emanò l’Edit de Tolérance il quale ripristinava lo stato civile dei protestanti, seppure non il loro diritto di culto.

Il decimo articolo della dichiarazione dei Diritti dell’Uomo definisce questo assunto: “Nessuno deve essere molestato per le sue opinioni, anche religiose, purché la loro manifestazione non turbi l’ordine pubblico stabilito dalla Legge.” Mirabeau, meno ingenuo della maggioranza, protestò: “La libertà più illimitata è ai miei occhi un diritto talmente sacro che la parola ‘Tolérance’ mi sembra una sorta di tirannia, poiché l’esistenza di un’autorità con il potere di tollerare distrugge la libertà di pensiero.”

Tre fasi possono essere identificate nel processo di apparizione di una nuova religione dalle rovine della cristianità. La prima fase è contrassegnata dal deismo scettico di Voltaire. La sua ragione oppressiva e lacerante gli proibì di negare quella organizzazione strutturale osservata nell’intera creazione. La sua natura meticolosa e ossessiva lo indusse a dedurre un Dio Orologiaio. Sulla scia dello scetticismo volteriano, in cui tutto era posto in questione, emerse l’inquieta e profondamente disturbata personalità di Rousseau. Si potrebbe dire che, avendo egli astutamente riconosciuto la propria turbolenta, appassionata e pustolosa personalità, sentisse il bisogno di un concetto di un Dio Naturale più libero e vibrante. Ergendosi alle soglie della nuova era, avrebbe impartito quelle fatali istruzioni adottate in seguito dal suo più grande discepolo storico, Robespierre. Con lui, sarebbe avanzata a grandi passi sulla scena del mondo una figura addirittura più oscura, travagliata e punitiva.

Rousseau, nel delineare la sua utopica visione della nuova società, sostenne che l’organizzazione democratica degli uomini non avrebbe dovuto essere lasciata soltanto ad essi. Fino a che punto giunge l’odio degli umanisti per la società umana! Propose una divinità senza identità. Un Potere Divino che in qualche modo intronizzasse la ragione, rinchiudesse gli uomini in entità democratiche permeandoli di ragione e giustizia. Egli considerava il suo progetto fondamentalmente inservibile senza questa sterile intronizzazione di un Essere Divino.

L’apparizione della nuova religione fu contrassegnata da una folata di entusiasmo antropologico. Abolita la cristianità, il compito di creare la nuova religione spettò alla Rivoluzione. Aboliti il Natale, Ognissanti e la Pasqua, giunse il tempo di sostituirli. In luogo del calendario cristiano apparve il Calendario Rivoluzionario. Il Comitato di Sicurezza Pubblica istituì il culto della Ragione il 10 novembre 1793, divenuto ora il 20 brumaio dell’anno II. Robespierre propose l’introduzione di 36 festività secolari nel corso dell’anno, con un giorno speciale dedicato alla celebrazione della religione dell’Essere Supremo. La festa dell’Essere Supremo si tenne nel giugno 1794, 20 pratile, anno II. Tale festeggiamento segnò l’apice del potere di Robespierre e il culmine del Terrore, con le duecento ghigliottine parigine al lavoro giorno e notte. Ciò coincise con la glorificazione dell’Essere Supremo della Rivoluzione. Dal momento che al nucleo di questa dottrina inventata era l’asserzione che l’Essere Supremo fosse impegnato con gli atomi e il lavoro della natura, la sua supremazia dovette essere necessariamente rimossa dalle azioni, sia personali che sociali, delle creature umane. Era il Dio dei filosofi, ovverosia era un Essere, e, sfortunatamente per loro, quest’ultimo era soltanto un’Idea. Affinché l’umanismo potesse esplodere nel Nuovo Ordine, era necessario che la divinità si occupasse dei suoi affari, mentre la creazione e gli umani si sarebbero fatti carico del governo delle loro vite. Il governo del popolo implicava l’auto-governo individuale, nondimeno Voltaire si prese gioco dell’ottimismo di quanti dichiarava che tutto era per il meglio, nel migliore possibile dei mondi.

Nel Corano, Allah ricorda ripetutamente ai muminun:

“Allah è il Creatore di tutte le cose

e di tutte le cose è il Garante.

Egli detiene le chiavi dei cieli e della terra...

Di’: «O ignoranti, vorreste forse ordinarmi di adorare altri che Allah?»

Invero a te e a coloro che ti precedettero è stato rivelato:

«Se attribuirai associati [ad Allah],

saranno vane le opere tue e sarai tra i predenti.

No, adora solo Allah e sii fra i riconoscenti.”

(39:59-63)

Parlando dei kuffar, Allah dice:

“Se domandassimo loro: «Chi ha creato

i cieli e la terra?»,

certamente risponderebbero: «Allah».

Di’: «Considerate allora coloro che invocate

all’infuori di Allah.

Se Allah volesse un male per me

saprebbero dissiparlo?

Se volesse per me una misericordia,

saprebbero trattenere la Sua misericordia?”

Di’: «Allah mi basta:

in Lui confidino coloro che confidano»

(39:36)

Da ciò si può dedurre che tale procedura, la quale, evolutasi, si è ora affermata in maniera pressoché assoluta in tutto il mondo, è, secondo l’Islam, quanto viene definito “associazione”, ovverosia shirk. Il che significa assumere quei poteri che appartengono al Divino Creatore attribuendoli ad altri o a se stessi. Possiamo dire quindi che l’umanismo è il Grande Shirk e il nemico di Allah e del Suo Messaggero, che Allah lo benedica e gli conceda la pace. Una volta che tale shirk ha trasferito il Destino dagli attributi del Divino, non vi è alcun luogo in cui esso possa dirigersi. Per quanto l’uomo affermi di essere il padrone del proprio destino, sia individuale che collettivo, non può tuttavia infrangere i limiti dello spazio e del tempo. Non può anticipare i movimenti militari del suo nemico, lo scoppio di un’epidemia, l’inatteso colpo letale nella notte, né la puntura di una zanzara malarica. È così che, mentre i nostri prodi umanisti si trovano esattamente al centro del campo agorafobo della loro libertà, governato dalla ragione, permane nondimeno un potere imprevisto e imprevedibile che tutto sovrasta. Napoleone, il Gran Kafir, riconobbe, con amaro realismo, di dipendere da quanto egli definì “La force des choses”. Lui stesso sostenne, poiché, malgrado tutto, era un genio, di poter dominare gli eventi fino al momento in cui il Destino avesse finito con lui, allora sarebbe stato gettato via come uno straccio usato. Ciò è precisamente quanto avvenne. Le masse ordinarie, divenute ora kuffar e prive di quel momentaneo fulmine di discernimento concesso a Napoleone, dovettero sostituire la dottrina del Destino con un’altra spiegazione: il Caso. Avvenne così che, per ordine della Comune di Parigi, il 15 novembre 1793, fu ordinata la costituzione e istituzionalizzazione del gioco d’azzardo di Stato. La Lotteria Nazionale divenne parte della religione dell’Essere Supremo.

Ironicamente, la dottrina del Caso, che è la dottrina della Lotteria, è la riduzione della persona a uno stato di completa ignoranza. A questo punto, la sottomissione alla forza delle cose, le quali non vengono comprese, è totale. Nell’arco di duecento anni, la dottrina religiosa della Lotteria sarebbe divenuta uno dei principi fondamentali della biologia materialista umanista. La degenerazione delle creature umane sotto queste dottrine è stata talmente grande che i loro eminenti scienziati avrebbero applicato i principi delle case da gioco al vasto processo della creazione del brodo primordiale, dal quale sarebbero emerse le proteine viventi.

Esaminiamo, per un momento, l’esempio perfetto del Caso. Il giocatore d’azzardo getta la palla nella roulette e un numero imprevedibile appare, cosicché tutti perdono eccetto la “persona fortunata”. Ciò si dice affidarsi al caso. Senza dubbio non si tratta di caso. L’evento stesso è totalmente determinato. La ruota gira, iniziando a un dato momento e a una data velocità. La palla viene lanciata e ruota alla sua velocità attorno al perimetro. La distanza del perimetro e la velocità decrescente della palla, che ha una certa dimensione e un certo peso, è del tutto determinata. La sua coincidenza con il rallentamento della ruota è totalmente sicura. Le due rivoluzioni, consumandosi la forza della loro rotazione, si fermano e la palla cade esattamente e soltanto dove dovrebbe, fissato l’intero processo. Dichiararsi sottomessi al caso, pur trovandosi di fronte a qualcosa di assolutamente determinato in ogni dettaglio, significa definirsi totalmente ignoranti e inconsapevoli del funzionamento dell’esistenza che ci sta di fronte.

Il più grave degli errori è stato il cammino che il mondo intero ha intrapreso per mano di un carnefice di massa dalla figura oscura e disturbata, Robespierre. Questi proiettò sul popolo di Francia un disperato costrutto metafisico, per convincersi di non dover rendere conto delle sue azioni.

III

Un’ulteriore dimensione della chiusura delle cattedrali e dell’abolizione dei Santi, fu la necessità repubblicana di fornire dei sostituti. Il Panthéon fu a tal fine riservato a ricevere le ceneri degli Eroi del Popolo. Da allora divenne una pratica comune seppellire le ceneri di illustri figure kafir nelle sale del Panthéon. Meno di cento anni dopo lo Stato francese vi avrebbe celebrato un funerale imponente per deporvi le spoglie di Victor Hugo, il quale aveva speso la vita intera lottando amaramente e eroicamente contro questa stessa istituzione. Le vacillanti forze del Gaullismo decisero recentemente di conferire una simile onorificenza alle ceneri del loro grande scrittore, André Malraux. A prima vista, questi appariva il soggetto appropriato a tale onore, essendo stato dapprima l’eroe della Sinistra, ovverosia del comunismo, quindi della Destra, in quanto Ministro nel governo De Gaulle. Molti scrittori e amici, nondimeno, furono profondamente angustiati dalla classificazione di Malraux sotto l’equazione della democrazia monetarista francese: “Non si deve pensare che Malraux fosse tra quanti credevano che la fine del processo umano fosse il mondo intero governato dalla democrazia.”

Tale oscuro miasma si è invero propagato sulla faccia della terra. L’idea che un paese possa governarsi per mezzo di una qualsiasi procedura o struttura diversa dalla democrazia, anzi, dalla democrazia partitica, è l’anatema della Nuova Religione. Prima di procedere alla decostruzione del sistema democratico, le persone in grado di pensare debbono esercitarsi a utilizzare l’intelletto in una maniera differente rispetto a quella in cui sono state cresciute. Educata e manipolata per gradi a partire dall’infanzia con i suoi giochi, la creatura condizionata, raggiunta l’età adulta, risponde al totale indottrinamento mediatico e alle sue ricompense riducendosi in uno stato virtuale di passività storica. L’unica via di fuga è il trasferimento elettronico di somme di denaro in risposta a una maratona televisiva, per prestare soccorso a vittime di un qualche processo condannato a fallire, nel quale sono state coinvolte semplicemente per sfuggire alla furia punitiva della democrazia in azione.

Prima fase. La Macchina. La democrazia politica è una macchina. Essa funziona per mezzo di un’interfaccia con il pubblico tramite i mezzi di comunicazione e la pubblica frequenze nelle sue sale consacrate. L’Assemblea può essere una sala simile, singola o bicamerale. Ivi si riuniscono i rappresentanti del popolo, i quali sono stati eletti da un elenco di elettori definito sulla base del distretto geografico. Il tempo della loro elezione è limitato a quattro o cinque anni. Il metodo della loro elezione è basato su una tecnica specifica di conteggio dei voti, tramite una rappresentanza proporzionale complessiva o per mezzo di un vincitore individuale all’interno di un particolare collegio elettorale. Tali rappresentanti non sono, a loro volta, individui, ma candidati rappresentativi di un partito politico, il quale presenta un programma politico. Si preferiscono due partiti avversari, per quanto altri partiti minori, cosiddetti indipendenti, possano trovare posto ai margini della scena. Qualora l’aritmetica non riesca a ottenere la maggioranza sufficiente, si possono formare delle coalizioni fino al conseguimento del voto di maggioranza. A tale scopo, è lecito a due partiti con dottrine diametralmente opposte riunirsi per sconfiggerne un altro, assicurandosi così uno status ministeriale.

I partiti dimostrano alternativamente l’incapacità di ottenere il sostegno da parte dei loro membri stessi. I partiti della Sinistra tendono così a dipendere dai contributi dei sindacati, dei magnati dell’editoria oltre che da una figura assai strana, il miliardario socialista. I partiti della Destra, a loro volta, tendono a ricevere i loro finanziamenti da grandi società di capitali, dai magnati della stampa e da quel corpo significativo di miliardari di destra. È possibile vedere il rappresentante del popolo nel momento in cui presta giuramento di appartenenza ad altri. Il dominio che ha controllo su di lui, esclusivamente all’interno della struttura politica, è il suo partito, quindi i suoi finanziatori ed infine la pressione dovuta alla coscienza degli obblighi delle leggi e dei regolamenti dell’Assemblea in cui siede.

Il problema, tuttavia, non finisce qui. Mentre i Rappresentanti sulla scena recitano la loro parte soltanto per alcuni anni, è palese che nessuno stato moderno potrebbe sopravvivere ad un completo cambiamento di leadership organizzativa nel corso di un ciclo temporale talmente rapido. Chi governa, decide e impone dietro le quinte, è il sistema della burocrazia, detto anche Amministrazione Statale, altrimenti noto, nei paesi europei, con il nome del Palazzo in cui i suoi uffici sono in funzione. Non può essere enfatizzato a sufficienza quanto questo sistema si prenda gioco dell’illusione che i Rappresentanti governino. Vedremo in seguito come seguendo le tracce dell’autorità è addirittura possibile procedere attraverso gli oscuri corridoi del potere fino a raggiungere un’élite nascosta.

Una breve narrazione esemplificherà in maniera sufficientemente molesta quanto detto. Nel corso della prima Guerra Cecena i nostri rappresentanti richiesero un incontro con un membro governativo del Ministero degli Esteri al fine non soltanto di fornire informazioni sulla base di nostre fonti di prima mano, ma anche per sollecitare un intervento che esercitasse pressioni riguardo ai terribili crimini commessi da un’altra democrazia politica, la Russia. Il membro parlamentare si presentò all’incontro accompagnato da un impiegato del Ministero degli Esteri. Ogniqualvolta il ministro tentava di rispondere favorevolmente era ridotto al silenzio, talvolta addirittura contraddetto. Il burocrate prese infine la parola per esporre, senza sorpresa, la linea ufficiale sul problema. Questa altro non era che la linea ufficiale avanzata dal Cremlino allo scopo di giustificare l’ignominioso massacro. Quanto ho descritto, naturalmente, è la rappresentazione dell’evento. Oltre a questo, come avremo modo di vedere in seguito, vi è l’arena in cui gli imperativi categorici del mondo moderno vengono stabiliti, in uno scenario nel quale non vi è spazio né per i rappresentanti eletti, né per gli impiegati della democrazia politica.

Seconda fase. Il Personale. Data la natura della macchina ne consegue che soltanto un certo tipo di persone possano sottomettersi ai suoi requisiti e alle sue punizioni. Si potrebbe ingenuamente immaginare che la qualità necessaria sia una confidenza che consenta di conoscere il momento in cui prendere la parola, oltre a una certa abilità retorica. La prolungata tradizione retorica si concluse clamorosamente con il declino di Churchill verso una decrepitezza biascicante. Da allora la capacità espressiva dei rappresentanti ufficiali è a tal punto tramontata da rasentare l’incoerenza. La corruzione politica in Europa è stata contrassegnata dalla decadenza della padronanza linguistica. In America ciò ha assunto un carattere differente. A seguito del crollo nell’irrilevanza del Senato degli U.S.A. e del Congresso, a cui deve essere aggiunto l’entusiastico abbandono dei poteri ereditati dai Padri Fondatori, la loro retorica ha assunto, ad ogni nuovo passo verso l’oblio, un tono più esaltato e comicamente idealistico. In quel Senato stesso laddove il ricco diapason di Jefferson aveva un tempo risuonato declamando gli U.S.A. liberatori del mondo grazie alla torcia della democrazia, i senatori contemporanei si sono valsi delle stesse sublimi metafore per dibattere il caso relativo alle attività sessuali del Presidente Jefferson Clinton all’interno del sacro recinto della Stanza Ovale. Là, nel mezzo di questo farsesco impeachment, i senatori si ersero l’uno dopo l’altro, tentando in qualche modo di evocare le grandi frasi insensate che sembrano accompagnare i grandi e addirittura comici disastri della democrazia: “Con questa Costituzione ci è stato dato un testo sacro...”. “Allontaniamoci da questo luogo nella certezza di aver compiuto il nostro dovere...”. “Procediamo insieme verso le vaste alture della crescita e del successo.” La macchina democratica ha in ogni caso dovuto accogliere uomini e donne indegne, producendo ad ogni elezione un ancor più spregevole gruppo di individui. Se vi è un argomento che suscita il consenso generale, da Los Angeles alla Lituania, è che gli uomini politici sono corrotti, senzi principi e ipocriti, nella migliore delle ipotesi. È nella natura della democrazia produrre il Minimo Comune Denominatore, al fine di garantire la più vasta possibilità di scelta alle masse ignoranti. Ne consegue che il ruolo principale del politico non è sapere quando parlare, bensì quando tacere. L’uomo politico deve essere acquiescente, deve essere ligio alla linea del partito, deve accettare la degradazione senza proteste. Deve essere, in altre parole, senza onore. La sua lealtà non è mai ai principi ma al pragmatismo. Ossia, una creatura spregevole.

Terza Fase. Il Partito. L’assemblea bicamerale nella sua forma moderna risale indubitabilmente all’Assemblea fondante di Parigi prima e dopo la morte di Luigi XVI. I due partiti principali presero lentamente forma nel corso dell’anno rivoluzionario, ma si cristallizzarono durante i cruciali eventi susseguitisi tra il 1789 e il 1792. Da un lato vi era la Gironda, che rappresentava quei membri che intendevano mantenere una certa continuità nelle norme di governo, opponendosi al regicidio e a quanto consideravano l’anarchismo di Marat e Robespierre. Dalla parte opposta vi erano i Montagnardi. La parola ‘Montagne’ venne introdotta nell’ottobre 1791 dal deputato Lequinio. Il termine presentava riflessi sia messianici che massonici. La Montagna rappresentava l’altezza dei principi rivoluzionari e la “roccia” contro la quale si sarebbero infranti tutti i pericoli. Ivi si fronteggiarono, i Girondini contro La Montagne. Verso la fine, la metà dei rispettivi membri era stata ghigliottinata. La Destra e la Sinistra erano nate. Questo conflitto, nel corso di duecento anni di storia, vedrà i partiti avversi scagliarsi di tutto, dalle invettive agli ordigni esplosivi, a secondo dell’intensità della situazione. Un’altra questione deve essere ricordata, che, sebbene nota a tutti, è spesso dimenticata. Il partito A assume il potere in quanto il partito B ha rovinato l’economia e ridotto la nazione in ginocchio. Una volta al potere, sostiene che quanto ha impedito l’adempimento delle promesse elettorali è stata la necessità di riparare ai disastrosi errori commessi dall’amministrazione precedente. Il partito opposto giunge al potere con la promessa di rimediare ai disastri del governo in carica. Una volta al potere, il programma viene differito e cambiato, poiché –si dice al Popolo– non si aveva idea del disastro di cui ci si sarebbe fatti carico fino al momento di assumere il mandato. Non resta che chiedersi perché se il Popolo è così accorto da poter scegliere coloro che li governeranno, continui a optare per un sistema e per degli individui che hanno ciclicamente dato prova di arrecare disastri alla società.

Quarta Fase. La Crisi. È necessario reiterare uno dei temi principali di questa trattazione per smantellare il complesso di false dialettiche imposte alle masse allo scopo di convincerle che la democrazia è giusta, governata dal Popolo, e la stazione di arrivo del processo evolutivo. La realtà messa a nudo dimostra che la caratteristica distintiva dello stato democratico non è la mitica o, si potrebbe dire, illusoria procedura dell’urna elettorale, ma piuttosto quella che rappresenta lo Stato come una macchina. Hitler, Stalin, Thatcher, De Gaulle, Kohl, non sono altro che moduli di comando operativi all’interno di un sistema identico, ognuno dei quali rappresenta una variante del modello dello Stato moderno messo a punto da Napoleone. Metternich sapeva perfettamente che la vittoria su Napoleone era stata soltanto militare, mentre il suo modello sociale ne era uscito vincitore. Questo fu il messaggio di Napoleone stesso, allorquando dettò le sue memorie, trasformando la sua isola-prigione nella rocca di Prometeo, dei massoni e dei Montagnardi.

È del tutto falso operare una distinzione tra gli Stati moderni in termini di dittature e democrazie, poiché, dal punto di vista politico ed esistenziale, sono sinonimi. Deve essere, per esempio, rilevato che il controllo e l’accesso alla ricchezza e ai movimenti dei cittadini è divenuto ora pressoché totale. Lo Stato moderno può congelare i fondi di un individuo, esaminare in dettaglio il carattere delle spese e seguire le tracce dei suoi spostamenti all’interno e all’esterno dei confini nazionali, mentre nessuno di tali poteri fu virtualmente detenuto o praticato dallo Stato Nazional Socialista del Terzo Reich. Uno sguardo alla storia moderna post-rivoluzionaria, italiana o russa, rivela che, a causa dell’abietto fallimento della democrazia, o forse è più appropriato dire a causa della sua natura intrinseca, i crolli e le crisi sono inevitabili.

La dialettica continua a dirci che la ragione del crollo è stata economica, che la soluzione anti-democratica, ovverosia il Comunismo o il Fascismo, si è imposta per essere quindi rimossa dalle forze eroiche della democrazia politica. Soltanto un sciocco potrebbe crederlo.

Il rovesciamento dello stato democratico a seguito di un colpo di stato, secondo il modello dialettico, rappresenta una frattura nella continuità sociale, l’insurrezione e irruzione al potere di una minoranza malcontenta che abbatte la massa inerme di democratici valendosi della ferocia del suo potere ideologico. In altre parole, la rivoluzione sociale post-1789 è sanculottismo, l’impeto incontrollabile proveniente dal profondo. Curzio Malaparte, nel suo capolavoro “Tecnica del Colpo di Stato”, ha messo a nudo i meccanismi del colpo di stato post-napoleonico. I comunisti non gli hanno mai perdonato di aver definitivamente stabilito che l’autore della conquista del potere da parte dei Bolscevichi fu Trotsky, l’ideatore del colpo di “Stato-macchina”, non Lenin, il quale altro non fu che l’artefice dell’ideologia rivoluzionaria e della retorica del suo compimento. Secondo le note parole di Malaparte: “Il colpo di Stato è Trotsky. Ma lo Stato ora è Lenin.” Fu così che una meccanismo venne abilmente progettato e messo in funzione allo scopo di introdurre la nuova macchina dello statalismo moderno. L’idea che il punto essenziale della democrazia moderna fosse un Parlamento governante fu spazzata via dal genio napoleonico. Questi comprese perfettamente che la natura dello Stato moderno era destinata a divenire una macchina unitaria funzionante al suo servizio. Egli pose a ciascheduno dei membri del Direttorio la stessa questione: “Che cosa è più importante, la tua salvezza o quella della Francia?” Fu così che il colpo di Stato del 18 brumaio fu semplicemente la macchina per conferire nuova vita al sistema democratico attraverso la sua modernizzazione. In democrazia, la dittatura è latente o attiva. Può essere soltanto uno di questi due modi. Il Direttorio, Weimar, la Duma di Kerensky, la Coalizione di Churchill in tempo di guerra, la Quinta Repubblica di De Gaulle sono tutte forme di amministrazione della crisi permanente di quel sistema totalitario detto democrazia.

Quinta Fase. Il Leader. La funzione del colpo di Stato-macchina non implica né il riconoscimento di una minoranza oppressa, né l’oppressione di un establishment eccessivamente liberale. Dal momento che la funzione della democrazia è la ritualizzazione e rappresentazione di uno stato di guerra civile mutuo e feroce, come è stato dimostrato, fino al momento in cui la battaglia, circoscritta dapprima ai partiti avversari, tracimi in un conflitto intestino, cittadino contro cittadino, il malfunzionamento, ovverosia il normale funzionamento, della democrazia deve trovare il suo vero equilibrio, quindi, la sua vera identità. La vera natura della democrazia è la guerra. Gli scontri di strada, i vandalismi, le rivolte razziali, i giovani scolari assassini dediti allo sterminio dei compagni di classe, le sommosse antifiscali, devono, a un certo punto, essere dirottati ai margini della Repubblica. La guerra alle frontiere è la garanzia della pace in casa. Le invasioni europee di Napoleone significarono Secondo Impero, piacere e agiatezza sociale nei salotti di Parigi. Nel 1946 l’Inglese bramava i “vecchi tempi” della fratellanza, dell’armonia e del piacere sessuale degli inebrianti giorni dei primi anni Quaranta. In Russia, Prokofiev, Shostakovich, Akhmatova e Eisenstein produssero le loro grandi opere in un turbine di entusiasmo patriottico, allorquando le terribili persecuzioni del KGB furono accantonate a causa della guerra, per poi riprendere all’indomani della vittoria. Al fine di assicurare la transizione dal Modo democratico Uno al Modo democratico Due, è necessario un punto focale estetico al centro della macchina. La pace richiede un gabinetto, un comitato e un teatro per il dibattito. La guerra necessita di un capo, la cui funzione è di mantenere tutto come in tempo di pace, per quanto alle masse venga detto che egli è il Grande Helmsman, il Padre della Nazione, o il Capitano della Nave dello Stato. Al termine della guerra, il Capo non deve essere tenuto in alcun conto, secondo quanto potrebbe definirsi una rappresentazione del colpo di Stato, il cui fine è un cambiamento di modo. Questo può avvenire presso la cabina elettorale: “Era un ottimo comandante durante la guerra, non è quindi il tipo di uomo che vogliamo per la pace!” Può avvenire per espulsione dal Gabinetto, o, qualora la guerra sia perduta, tramite suicidio, come nel caso di Hitler, o per mezzo di un ignominioso assassinio, come nel caso di Mussolini. È importante sostituire un leader poiché se rimanesse in carica, la verità costante e permanente della democrazia sarebbe messa a nudo. La democrazia è in se stessa una dittatura.

“Alle 22.30 del 4 agosto 1914, Re Giorgio V tenne un consiglio privato a Buckingham Palace, al quale attesero soltanto un ministro (Lord Beauchamps, primo commissario dei lavori) e due ufficiali di corte. Questo consiglio sanzionò la proclamazione di uno stato di guerra con la Germania a partire dalle 23.00. Ciò fu tutto. Una volta risoltosi a difendere la neutralità del Belgio, il gabinetto non vi ebbe alcuna parte. Non prese in considerazione l’ultimatum alla Germania che il Ministro degli Esteri, Sir Edward Grey, aveva inviato dopo aver consultato soltanto il Primo Ministro, Asquit, e forse neppure questi. Né il gabinetto autorizzò la dichiarazione di guerra.” Da “English History 1914 to 1945” di A.J.P. Taylor.

Nel corso della guerra delle Malvinas, un primo ministro totalmente squilibrato diede ordine di affondare la Belgrano, causando enormi perdite di vite umane. Tale atto unilaterale non fu mai sottoposto al Parlamento, né essa fu mai invitata a risponderne. Il massacro di Arnhem, la disastrosa campagna di Creta e altri eventi, rappresentarono il conseguimento di un dittatore ancora più strano, senza dubbio complesso, ma indubbiamente non equilibrato: Winston Churchill.

Vi è un elemento deprimente e inevitabile in ogni singolo Leader di Stato moderno discendendo la china a partire da Napoleone, e, senza dubbio, discendere è il verbo appropriato. Richiamando la definitiva affermazione di Shaw, che la democrazia è chiunque scelto da ognuno, ne consegue meccanicamente che il governo ufficialmente eletto, come dimostrato, rappresenta il minimo comune denominatore delle masse. Non dovrebbe quindi sorprendere se il Leader, qualora sia necessario, ben lungi dall’essere il Massimo Comune Multiplo delle masse, ne sia in realtà il punto infimo. Se la tragica conoscenza degli eventi non ce lo avesse rivelato, potrebbe sembrare scarsamente credibile che individui talmente indegni abbiano potuto controllare il destino di milioni di individui, perlomeno in apparenza, poiché essi non sono altro, in realtà, che miserabili prodotti della storia.

Guardateli! Churchill. Il figlio di una prostituta politica d’alto bordo e del leader degenerato e rifiutato del suo Partito. Winston, il figlio, un alcolizzato cronico soggetto ad attacchi opprimenti di depressione maniacale. Una personalità scissa esattamente nel mezzo. Si potrebbe quindi argomentare che quest’uomo, l’aristocratico discendente dell’eroe di Blenheim, reputato il più grande inglese che abbia mai vissuto e l’orgoglio del Partito Conservatore, fosse in realtà tutt’altra cosa. L’unica persona che Churchill amò, anzi venerò, fu suo padre, il quale fu distrutto dal rifiuto della sua candidatura a primo ministro da parte del partito a cui apparteneva. Churchill, per questo motivo, non perdonò mai il suo partito, né tanto meno l’Inghilterra. Nel 1940, durante la mitica Battaglia di Bretagna (una serie di combattimenti aerei sopra la rada di Deal), dichiarò che se l’Impero Britannico fosse dovuto durare altri mille anni, avrebbero definito questo il suo momento migliore. Ciò, naturalmente, significò che d’allora in avanti tutto sarebbe stato in declino! Quando, dopo la guerra, il Governo democratico progettò di restituire all’India la sua indipendenza, egli tuonò: “Non parteciperò allo smantellamento dell’Impero Britannico.” La disintegrazione dell’Impero fu, nondimeno, il risultato inevitabile di una guerra inutile nella quale egli aveva imbarcato il popolo britannico contro la sua volontà. La guerra fu forse la vendetta di Churchill?

Hitler. Neppure lontanamente la melodrammatica incarnazione del Male, piuttosto, secondo quanto Ernst Jünger mi ha detto: “Er war nur ein kleiner Mann!” Le sue avventure genocide, senza sminuirle, non sono altro che parte integrante di un modello che abbiamo rintracciato da La Vendée alla Siberia. Stupefacente è il fatto che egli fosse una sorta di dittatore Biedermeier. Fateci caso: il suo pastore tedesco, la sua amante-cameriera, il suo vegetarianismo borghese. E l’innegabile Gemütlichkeit del suo gusto per il tè pomeridiano e le splendide torte alla crema. Amava Léhar, Dietrich e i romanzi di cowboys. Questo era l’uomo destinato a edificare uno Stato che sarebbe dovuto durare mille anni!

Stalin. Non è mai esistito un carattere più deprimente. Si noti, tuttavia, con che perfezione combaci con il ruolo del personaggio dalle profondità interiori. Il Muhjik georgiano. Uno studente del seminario ortodosso, logorato dapprima dalla liturgia e dalla dossologia, quindi dagli ancor più truci slogan del marxismo. Educato nella convinzione che tutti fossero peccatori, fu facile vedere in ognuno un traditore dello Stato secolare. Alcolista irrefrenabile, dedito a danze furiose nell’ebbrezza, la sua intera esistenza fu la perfetta espressione del rivoluzionario abietto prefigurata da Dostoievski.

Reagan. L’uomo che la retorica democratica era solita designare il leader della più grande democrazia al mondo, addirittura il Leader del Mondo Libero (Leader of the Free World), era, in realtà, un’assoluta nullità. Un prestigioso storico, pagato lautamente al fine di scriverne la biografia, dopo due anni di ricerche e frequentazioni, fu costretto a optare per la forma romanzesca. Si vide obbligato ad ammettere, fondamentalmente, che non vi era nessuno là. Al termine della vita, Reagan scivolò nella senilità, un movimento che richiese soltanto pochi centimetri. Nella fase finale, ridotto praticamente a un vegetale, guardando fisso una pila di documenti presidenziali disposti sul tavolo, disse al suo biografo: “Portate via tutti questi alberi!”.

Napoleone. Essendo la figura paterna dello Stato moderno, ne rappresenta, naturalmente, la forma fedele. Nonostante un genio indubitabile, sia come comandante militare che come disegnatore dello Stato moderno in tutti i suoi intricati dettagli e interrelazioni, un modello ora in funzione ovunque dopo la totale soppressione dello stato monarchico costituzionale, si deve riconoscere la stessa banalità assoluta quale segno distintivo della sua personalità. La grossolanità, la brutalità, la capacità di lavorare con persone da lui totalmente disprezzate sono segni abbastanza palesi. A Talleyrand, uno dei suoi più intimi ministri, disse: “Tu sei una merda in calze di seta!” La sua assunzione dell’Impero contiene in sé un’inevitabile volgarità. Lo Stile Impero non è l’immagine della gloria, ma sembra in qualche modo il perfetto arredo per il Pigalle Night Club. L’abbigliamento femminile, l’epitome dello strip-tease, il décolleté, le trasparenze e i scintillii. Tutto quell’oro. Tutta quella porpora regale. Tutto quel cremisi. Supremamente piccolo-borghese. Lo sgargiante equivalente francese dei pomeriggi nazi al Berghof.

L’elemento comune, insieme all’estrema deficienza di carattere, talora addirittura danneggiato, è un’abilità tecnica estremamente sviluppata. Napoleone ebbe la duplice capacità di progettare l’architettura dello Stato moderno e le procedure tecniche delle battaglie di massa. La Thatcher smantellò i sindacati e le industrie nazionalizzate ormai fuori moda. La brillante creazione di Hitler fu l’apparato del suo partito. I piani di modernizzazione di Stalin furono il suo brutale conseguimento tecnico.

È triste osservare che, sebbene i governi democratici abbiano uno stile esteticamente differente, siano nondimeno tutti intrappolati nelle fondamentali contraddizioni or ora delineate. In realtà, è possibile constatare ovunque come ogni singolo governo abbia fatto affidamento sui suoi modelli pre-democratici. Hitler, con la sua persecuzione degli ebrei in Germania, progettò semplicemente un Luteranesimo riformato. Il suo odio per gli ebrei nel Mein Kampf è meno terribile ed eloquente di quello espresso da Lutero nelle sue diatribe anti-ebraiche. Si potrebbe dire che i tedeschi furono Luterani al principio della settimana, nazisti nel mezzo, per tornare poi nella chiesa luterana la domenica successiva, considerando il periodo dal 1933 al 1945 un intermezzo. Gli straordinari processi-spettacolo di Stalin non furono altro che la rappresentazione dei confessionali e delle interrogazioni che lo avevano tiranneggiato nel corso della sua adolescenza nel seminario Ortodosso. Sia i processi, che i bandi conseguenti furono inevitabilmente la versione secolare del truce ordine sociale del clero ortodosso. Tutta la Russia fu cristiano ortodossa fino al 1917. Fu comunista e secolare fino al 1987. Miracolosamente negli ultimi due anni i Russi si sono risvegliati al suono delle campane della cattedrale e, senz’esitazione, hanno fatto di nuovo il segno della croce.

Sesta Fase. Il Denaro. Nel nuovo modello mondiale dello Stato Democratico, il cittadino, aggrappato al suo biglietto della lotteria di fronte alla sua televisione interattiva, saltando nervosamente attraverso duecento canali al fine di partecipare alla vita interrompendo la partita di calcio per ripetere un goal eccellente, potrebbe avere, nei recessi della sua mente, un pensiero oscuro: forse che la sua scelta politica è stata ridotta ai numeri della lotteria e ai canali televisivi? È a questo che il grande Illuminismo ha condotto il mondo declinante del democratico. Che cosa assicurerà la sua incapacità di spegnere la televisione per cominciare a porsi questioni vitali che lo condurrebbero a liberare un treno di pensieri, non essendo ormai più in grado di precipitarsi a dimostrare sulle strade come già suo nonno? È il fatto di essere ormai vittima di una profonda ansietà finanziaria. Il Cittadino è divenuto il Debitore. Un bambino nato oggi nei deserti del Sahel in Mali o Nigeria è già in debito di cinquecento dollari. Questo è il suo diritto di nascita. I debiti sono i Diritti dell’Uomo. Questo debito è il debito dei cittadini del suo paese verso la Banca Nazionale, in totale possesso di stranieri, così come verso le istituzioni finanziarie internazionali, i cui prestiti non sono mai stati richiesti dai cittadini, ma bensì contratti, a nome loro, dai governi democratici. È assai probabile che in tutta la sua vita egli non vedrà mai cinquecento dollari. È assolutamente certo che nel corso della sua intera esistenza e di quella dei suoi figli, qualora raggiungano la maturità, vivrà in condizioni abiette, privo di alimentazione sufficiente, servizi sanitari, educazione e una casa. Il principale strumento politico per prevenire i cittadini del Primo Mondo dal comprendere la difficile situazione del cittadino Terzo Mondo è, deve essere ripetuto, l’ansietà finanziaria, che l’intero sistema psichiatrico dell’Occidente ha predefinito per lui come se, in una qualche maniera indefinita, fosse una sua colpa. È lui a dover essere biasimato per le sue difficoltà economiche; come deve essere considerato un segno della sua inferiorità evolutiva il fatto di non essersi elevato al rango dell’élite finanziaria coronata da successo. Egli non sa che la sua esperienza del denaro, dello spendere, del comprare, del debito e dell’accessibilità della moneta sono semplicemente di natura e calibro differente rispetto a tutto quanto era conosciuto nei duecento anni precedenti al 1945.

Il modello originale deve essere ricercato di nuovo nello stato napoleonico. La rivoluzione non avrebbe potuto essere portata a termine senza la creazione degli Assegnati, la carta moneta stampata dallo Stato Rivoluzionario e priva di collaterali. Una delle istituzioni chiave fondate da Napoleone fu la Banca di Francia. Non vi è, in realtà, alcun libro di storia che abbia la benché minima comprensione della relazione tra finanza e governo, per quanto in anni recenti siano apparsi i primi segni che forse, dopo tutto, questi due siano connessi. La comprensione degli eventi è meglio esemplificata dall’Affare Dreyfus. Il sistema educativo popolare, controllato ora dai mezzi di comunicazione di massa, lo propone come un meraviglioso esempio di martire della giustizia, il quale, dopo sforzi tremendi, riuscì ad ottenere il proscioglimento dall’accusa di tradimento. È presentato come la vittima del pregiudizio pubblico anti-ebraico e parte dell’eroica natura della sua difesa deve essere attribuita al grande pamphlet “J’accuse!” di Emile Zola. Quantunque ciò rifletta senz’altro l’ethos dell’avvenimento, la sua realtà politica deve essere riconosciuta nel lento passaggio della ricchezza della Francia, nel corso dei precedenti cinquanta anni, dalle mani degli industriali capitalisti francesi a quelle della classe bancaria, per lo più composta da ebrei. Se l’attività bancaria non è intesa nemmeno dal nostro cittadino moderno, è senz’altro comprensibile che essa non lo fosse neppure allora. L’ira crescente della nuova borghesia nei confronti della classe bancaria trovò il suo perfetto oggetto di vendetta nello sfortunato Colonnello. Ciò che sarebbe accaduto nel corso dell’intero diciannovesimo secolo fu la lenta comparsa ed evoluzione sulla scena mondiale dell’attività bancaria. La brillante frode dei banchieri si fondò sulla capacità di saper trarre vantaggio da tutti gli enormi progressi dello sviluppo tecnologico allora in atto. Si sarebbero intromessi tra il progetto tecnico e la sua esecuzione. Questo progetto costerà tanti milioni. Non li possiedi. Bene, te li procureremo. Sistemeremo l’affare. Fu così che la banca, da camera di compensazione usuraria di valute, divenne un istituto d’investimento per progetti tecnologici enormemente ricco.

Le implicazioni politiche furono smisurate, quantunque un elemento ancor più sinistro e brillante fece la sua comparsa nello sviluppo dell’attività bancaria: la riunione delle banche, individuali o frutto di fusioni, allo scopo di offrire ai politici una Banca Nazionale. Fu così che la Deutsche Bank non fu tedesca. La Banque de France non fu francese. La Banca Ottomana non fu turca. La Banca d’Egitto non fu egiziana. La Banca del Marocco non fu marocchina. E così via nel resto del mondo.

La distinzione tra la banca pseudo-nazionale e il deposito della ricchezza di una nazione divenne presto confusa fino a scomparire del tutto. Nei grandi paesi industriali, la Bank of England, la Banque de France, la Bundesbank avrebbero assunto la forma del modello americano, in cui la Federal Reserve Bank non era federale, ma completamente in mano a privati. Tra i più famosi banchieri del diciannovesimo secolo vanno annoverati i figli di Rothschild, i quali, grazie al loro genio finanziario, apparvero in due modi: sia all’interno della struttura delle banche statali individuali, sia come istituti finanziari apparentemente privati i quali offrivano capitali da investire nei grandi progetti tecnologici. Nessun progetto mostra con maggior chiarezza questo duplice ruolo dei banchieri quanto la costruzione e l’acquisto del Canale di Suez.

Che un fenomeno politico abbia assunto i lineamenti di un’avventura finanziaria dimostra che un’irresistibile processo venne messo in movimento, cui il risultato finale fu l’abolizione del carattere pubblico del potere politico di fronte al carattere autoritario e alla struttura dell’investimento bancario internazionale.

IV

Il progetto del Canale e la sua costruzione permettono di rilevare le nuove forze al governo della società. Vi è Ferdinand de Lesseps, il progettista visionario, vi è la tragica separazione dell’Egitto dall’Osmanli Dawlet e vi è lo pseudo-nazionalismo di Muhammad Said Pasha, il viceré d’Egitto. L’Egitto, la nuova nazione, già oppressa da una serie di debiti a un interesse oltraggioso, con un nuovo prestito di trentadue milioni di sterline nel 1872, barcollante sull’orlo del disastro. Nel 1875 il debito pubblico aveva raggiunto un centinaio di milioni [di sterline] in moneta del tempo. L’interesse annuale dovuto alle banche era superiore al reddito annuo totale dell’Egitto. La Francia e la Gran Bretagna, come entità politiche, furono i protagonisti e gli antagonisti nell’impresa del Canale. Alle loro spalle si ergeva la rete crescente di banche d’investimento le quali si erano assunte il compito di commissionare grandi progetti. La pressione sul Khedive rese presto evidente la necessità di vendere o ipotecare la sua quota azionaria del Canale. A Parigi i fratelli banchieri Dervieu ed Edouard e ad Alessandria il banchiere Andrè iniziarono a manovrare al fine di mettere le mani sulle sue azioni. Questi erano strettamente connessi all’enorme istituzione finanziaria Société Générale. Nel contempo, il Crédit Foncier, attraverso i suoi agenti, la Anglo-Egyptian Bank, si mise in moto. Uno degli associati, Henry Oppenheim, rivelò il piano di Dervieu al governo inglese.

Lord Derby propose al governo inglese di comprare le partecipazioni. D’israeli, il nuovo primo ministro conservatore, era solito cenare ogni domenica con il barone Lionel de Rothschild, in quanto: “A casa sua c’è sempre qualcosa da imparare.” Il Gabinetto decise in linea di principio che l’acquisto procedesse. Nonostante tutti gli intrighi, il Khedive si pronunciò a favore del governo inglese quale acquirente, qualora avesse dovuto vendere. Lord Derby, infine, fu in grado di telegrafare: “L’offerta del Khedive è stata accettata. Il governo di Sua Maestà acconsente l’acquisto delle 177,642 azioni del Viceré per quattro milioni di sterline e raccomanda al Parlamento di sanzionare il contratto.” Questo fu l’accordo, a un cinque per cento d’interesse. Nell’arco di sei anni la partecipazione azionaria crebbe da quattro milioni a cinque e tre quarti. Entro la fine del secolo sarebbe cresciuta al ritmo di due milioni l’anno fino alla Prima Guerra Mondiale. Il suo valore divenne dieci volte superiore al prezzo d’acquisto originario. D’israeli inviò il suo più volte citato messaggio alla regina Vittoria: “È stato appena deciso. È suo, Madam.”

D’israeli scrisse all’amica Lady Bradford: “Abbiamo avuto tutti gli speculatori, i capitalisti e i finanzieri del mondo organizzati e inquadrati in bande di predoni, schierati contro di noi, emissari segreti ad ogni angolo. Li abbiamo combattuti tutti senza destare mai alcun sospetto.” The Times comprese che le implicazioni erano di vasta portata, e si chiese: “Se la Gran Bretagna siede come direttrice in una sala del consiglio d’amministrazione, o si inserisce in una assemblea di azionisti continentali, perchè non in un’altra?” Qualcuno ammonì che ciò avrebbe determinato “un cambiamento nelle nostre abitudini politiche.”

La procedura che assicurò il prestito per l’acquisto del Canale rivela perfettamente quel fondamentale cambiamento negli assetti del potere che avrebbe contrassegnato i prodromi di una nuova relazione tra un’assemblea che parla e una Banca d’investimento che compra e vende. Allorquando la concessione del prestito fu approvata, il Parlamento non era neppure in sessione. In caso contrario, l’accordo non sarebbe stato assicurato. D’israeli disse: “Non abbiamo potuto convocarli per la questione, altrimenti avrebbero potuto mandare tutto all’aria, o all’Inferno.” Fu così che D’israeli si procurò il prestito, senza la sanzione della Madre dei Parlamenti. D’israeli si rivolse ai Rothschild. I fatti si svolsero nella maniera seguente: a Westminster, Montague Lowry-Corry, in seguito Lord Rowton, attese all’esterno della camera del Gabinetto. Non appena la decisione dell’acquisto fu presa, il Primo Ministro, affacciatosi alla porta, disse: “Sì.” Corry si diresse immediatamente dal barone De Rothschild per informarlo che il Primo Ministro richiedeva quattro milioni di sterline. Rothschild chiese: “Quando?”. La risposta fu: “Domani.” Il banchiere, preso un grosso chicco d’uva, ne sputò la buccia dopo averlo masticato. “Qual’è la vostra garanzia?” La risposta fu: “Il governo britannico.” In pochi giorni il denaro venne trasferito a una commissione del due e mezzo per cento, che ammontava a un tasso d’interesse medio annuale del tredici per cento. Da quel momento un triangolo di relazioni si sarebbe instaurato tra i membri delle grandi case bancarie d’Europa, i loro capi di stato e i primi ministri dei loro parlamenti ed assemblee. Da allora, ad esempio, un’intima relazione finanziaria e sociale sarebbe esistita tra il ramo inglese dei Rothschild e la Casa di Windsor, già Casa di Saxe-Coburg e Gotha, ora Casa di Mountbatten, già Battenburg. Tali relazioni sono proseguite, consolidandosi, grazie a una serie di guerre terribili che hanno scosso il continente. Meno di un secolo dopo, nel 1956, il Canale assicurato da D’israeli sarebbe stato invaso da Gran Bretagna e Francia. L’agente collaboratore sarebbe stato quindi Israele stesso, un’altra trasformazione appropriata. D’ora in poi, valendosi di ogni grande progetto tecnologico, dalla costruzione della ferrovia di Baghdad alla serie di installazioni nazionali di gas ed elettricità, al vitale atto centrale di ogni stato nazionale, ossia l’acquisto e l’impiego di armamenti, è possibile misurare la crescente espansione ed evoluzione della procedura e del potere delle banche a scapito della camera di dibattito dello Stato o Parlamento.

Parlando dell’esperienza diretta dei Parlamentari deve essere ricordato quanto essi siano distratti o incapaci di cogliere la vera natura della finanza moderna. Due sono i fattori del loro sviamento. Il primo è il bisogno del partito di acquisire quei fondi che gli permettano di ergersi innanzi al paese nel corso delle elezioni e di continuare a funzionare con il supporto della base. Il secondo è la crescente pressione a cui sono sottoposti per rispondere agli scrutini e alle critiche esercitata dai media, oggi la stampa e la televisione. Sono talmente impegnati a trattare con i singoli programmi TV e gli articolisti, da perdere di vista addirittura il fatto che dietro a tali organizzazioni si celano i magnati dei media con i loro programmi personali intesi a promuovere il successo delle loro imprese internazionali capitaliste, scarsamente interessati alla sopravvivenza o alla dipartita di un parlamento che, per quanto li concerne, è soltanto passeggero. Si aggiunga un altro velo all’offuscamento del parlamentare: l’influenza politica e le dichiarazioni della City, di Wall Street o de La Bourse. È ridotto quindi all’impotenza politica. La spogliazione del potere nei confronti dei rappresentanti liberamente eletti del Popolo non era, tuttavia, ancora completa. Nella seconda metà del ventesimo secolo l’abrogazione del potere sarebbe divenuta totale.

Nel corso di un incontro a Freiburg con uno degli autori della Costituzione tedesca post-bellica, rimasi allibito di fronte alle millanterie del mio interlocutore. Questi sostenne infatti che il grande risultato della Costituzione tedesca da essi preparata fu il trasferimento del potere di creazione della moneta e di controllo dei tassi d’interesse dal Bundesregierung alla Bundesbank. Ciò fu orgogliosamente definito un atto di sicurezza grazie al quale la democrazia era salva. Guardava indietro, quando pensava che il potere politico sopra la moneta avesse permesso l’ascesa del Terzo Reich, mentre ora, grazie a questa nuova legislazione, ciò non sarebbe stato più possibile. Era disperatamente prigioniero della dialettica liberale immaginando che la democrazia e la dittatura fossero differenti. Se avesse guardato avanti, avrebbe inteso che l’abolizione del potere della dittatura implica l’abolizione del potere della democrazia. Quanto venne decretato allora con tale Costituzione, sarebbe stato poi gradualmente imposto a tutti i paesi membri della Comunità Europea, per finire con il regime socialista britannico il quale ha concesso simile autonomia alla Banca d’Inghilterra. Ci troviamo ancora di fronte alla disgiunzione osservata in precedenza tra democrazia e dittatura, soltanto che ora siamo passati ad una situazione del tutto nuova rispetto a quanto è esistito negli ultimi duecento anni.

Si potrebbe dire che il vanto della Democrazia fosse quello di aver assicurato la sicurezza dei cittadini e il loro benessere attraverso una separazione dei poteri, ovverosia, che il Giudiziario fosse libero dall’Esecutivo, in modo tale che chiunque si fosse opposto allo Stato avrebbe potuto far sentire la sua voce ottenendo così giustizia. Questo era il carattere della società politica. Ora, tuttavia, la società politica è finita. La pratica politica, le sue istituzioni e le sue procedure, in breve tutto il governo, è stata ridotto a un guscio vuoto, mentre ciò che resta è stato completamente ricostituito. Ora viviamo in una società economica. Ciò che esiste nella nuova situazione è una separazione dell’Esecutivo dal Finanziario.

La nuova percezione della politica elettorale, della rappresentanza, del potere normativo e del budgeting rivela il servilismo e la sottomissione al diktat delle istituzioni finanziarie sopranazionali e ai loro processi, ossia alle super-banche e alla Borsa Valori mondiale. A ciò deve essere aggiunto l’amaro riconoscimento che il documento fondante dello Stato moderno, la Costituzione, è del tutto fraudolento. Si potrebbe dire che quanto più elevata è la sua retorica, tanto più ignobile e ingannevole ne è l’applicazione. Assume quindi primaria importanza il fatto che l’atto di liberazione dalla tirannia della Democrazia debba essere preceduto dalla demitologizzazione del testo della Costituzione.

Non vi è dubbio che negli Stati Uniti d’America la Costituzione non sia stata soltanto elevata ad una posizione simile a quella delle scritture rivelate, bensì superiore a quella di un testo sacro. Il linguaggio dei libri di scuola e delle guide ai musei è inequivocabile. È un documento scritto da uomini in stato di ispirazione divina. Non è stato ancora compiuto alcun tentativo per spiegare se quelle poche centinaia di strani uomini politici richiesti per un emendamento pervengano in qualche modo a un simile stato di beatitudine. Nell’esilarante pantomima mediatica che ha circondato le cause e gli effetti dell’incriminazione del Presidente Clinton, tra i vari comici tentativi di rendere serio il processo, vi fu un lungo e tormentato dibattito per determinare che cosa costituissero i “crimini elevati e infrazioni” (“high crimes and misdmeanours”), secondo i termini della sua incriminazione. L’abietto fallimento dei senatori di permeare questa frase inadeguata di un maestoso contenuto segreto rivelò a tutti quanto poi riassunto nelle parole di un osservatore annoiato: “Non significa un bel niente!”. Non soltanto la Costituzione non è riuscita a portare il suo Leader a rendere conto tramite una struttura legale di riferimento, ma in maniera ben più seria, misera e tragica non ha, in primo luogo, protetto la popolazione americana indigena, non l’ha salvata dal genocidio né ha protetto le sue terre, in secondo luogo, avendo permesso la schiavitù ai suoi albori, non ne ha permesso la reintegrazione nella cittadinanza secondo quanto vantato nei costituzionali Diritti Umani di cui si dichiarava campione. Ha approvato l’alcool. Ha proibito l’alcool. Ha ripristinato l’alcool. Ben più serio è il fatto che l’imposta federale sul reddito (Federal Income Tax), la cui esazione concerne tutti i cittadini statunitensi, rappresenta una flagrante infrazione di tale testo sacro, in quanto la ricchezza può essere tassata mentre i profitti non sono ritenuti un incremento del patrimonio ma uno scambio per il lavoro dato. È degno di nota il fatto che non un solo penny di tale tassa sia diretto al benessere dei cittadini, ma vada direttamente a impinguare le tasche dei privati proprietari della Federal Reserve Bank.

La Costituzione è il documento che definisce la Repubblica democratica. È in se stesso uno strumento consapevole per la distruzione della cultura naturale. Prima dello Stato napoleonico, il francese era una lingua di minoranza, circondato da diversi altri antichi idiomi ricchi e dinamici. Nel minor tempo possibile il francese fu imposto forzosamente a quella stessa cittadinanza che si era appena trasferita entro gli impetuosi domini della Libertè. Il gruppo etnico di minoranza è considerato un fenomeno ostile che rappresenta un affronto alle glorie della Democrazia. Assimilazione è il termine dottrinale per imporre l’abbandono di una cultura, del suo costume tradizionale e dell’antica lingua ereditata. Quando le Highlands insorsero contro la Democrazia politica inglese, furono brutalmente passate a fil di spada. I sopravvissuti furono estromessi dalla loro terra, per finire letteralmente a mare. Furono imbarcati forzosamente e inviati, contro la loro volontà, in Tasmania e Nova Scotia. Dal momento che non erano schiavi, gli Inglesi permisero che il numero dei trasportati sulle navi negriere fosse triplicato. Il kilt fu dichiarato illegale e per anni fu prevista la pena capitale. I bambini che parlavano gaelico furono costretti dai loro maestri inglesi a mettersi in bocca sassi incandescenti.

La stessa storia si ripete in Bretagna, in Provenza e, con maggior brutalità, nelle regioni basche di Francia e Spagna. Lo Stato di Atatürk, strutturalmente una replica assoluta di quello francese, distribuì sentenze di morte e simili punizioni ai suoi, cosiddetti, cittadini curdi.

Forse l’iniquità più rilevante inflitta al popolo dalla maledizione della Costituzione è la sua funzione occulta nel dominio finanziario. Ci si potrebbe chiedere per quale ragione ci si dovrebbe preoccupare di avere una Costituzione e uno Stato Nazionale dal momento che questo modello di ciclica lotta armata tra fazioni e Stati ha spogliato il governo centrale di tutta la sua autorità.

Sotto la nuova egemonia del potere finanziario si può riconoscere la vera funzione dello Stato Nazionale e del suo documento che definisce il cittadino: la Costituzione. La cittadinanza di uno stato democratico garantisce, come Anatole France ha scritto cento anni or sono nel romanzo “L’Íle des Pingouins”, che per un tale grande onore si entra nel censimento nazionale. Il proposito di un censimento è di assicurare la tua sottomissione al sistema di tassazione dello Stato. È una registrazione del tuo impegno a portare il peso della tua parte di Debito Nazionale dello Stato. In ogni fase della vita si reca sulle spalle non soltanto il fardello dei debiti, bene o male, contratti, ma anche il peso di un’enorme serie di prestiti negoziati, spese, programmi, guerre, nessuno dei quali, in verità, è stato sanzionato. Qui l’intera frode della relazione dello Stato moderno nei confronti del suo cittadino è illuminata dal bagliore degli eventi storici. Durante l’inesorabile massacro delle trincee che ha contrassegnato la Prima Guerra Mondiale, al soldato britannico fu dapprima detto di combattere per liberare “l’audace piccolo Belgio”. All’apice della guerra la causa fu elevata e la morte fu per il “Re e la Patria”. Caduti esausti entrambe gli schieramenti, per rinfocolare la passione dei soldati ribellantisi, si parlò di lotta al “Malvagio Unno”.

I soldati affrontarono volontariamente la morte soltanto nei primi giorni di guerra; ben presto il Governo Democratico ordinò la coscrizione nazionale, condannando così un’intera generazione all’oblio. In tutta Europa la coscrizione è stata e in molti casi rimane un obbligo schiavizzante, che, qualora evitato, è punibile con la perdita dei diritti civili e la prigione. Nel Corano vi sono chiare ayat legali per i musulmani che lasciano la scelta se andare in battaglia all’individuo interessato. Poiché la coscrizione forzata ha condotto all’enorme carneficina delle trincee e degli sbarchi nelle Due Guerre Mondiali, questa coercizione spietata deve essere considerata un’ulteriore dimensioni del fallimento della Democrazia. Anche quelli abbastanza ingenui da persistere nella vana speranza che la democrazia non fosse un assurdo inganno, finirono col definire queste guerre come suicidi nazionali, ammettendo amaramente che la sola Egalité conseguita era stata nella morte. La compassione Divina per quanti non vogliono combattere, e il loro perdono, annunciati in Surat At-Tawba, è quindi un’altra potente dimensione del nuovo Nomos che il governo islamico offre alla sua comunità.

Non appena un popolo è incapsulato all’interno della struttura democratica, la Costituzione in luogo, la bandiera designata, l’inno nazionale scritto, la carta moneta stampata, l’imperativo categorico che spinge il capitalismo usurario si vede ridotto ad avanzare un’altra richiesta al già impotente e tiranneggiato cittadino democratico. Il principio federale ingloba e costringe in una unità i raggruppamenti politici degli stati primitivi precedentemente individuati. Deve essere ricordato che la Francia di Napoleone era una serie di entità autonome multilingue delimitate soltanto da prossimità geografica. Il moderno stato italiano forgiato da Mazzini e Cavour era stato in precedenza un simile mosaico di lingue, stati e città. Così la Spagna e la Russia. La vittoria dell’America massonica nel 1945 sul prostrato ed esausto corpo politico d’Europa diede un’ulteriore febbrile ispirazione ai leader atei e kafir i quali ridisegnarono il nesso sociale degli indebitati e logori Alleati. La Lega delle Nazioni, in seguito all’abissale fallimento del tentativo di proteggere il Regno di Abissinia, dovette essere ricostituita, ancora una volta con la nauseante retorica idealistica dell’unità, “Un solo mondo e una pace eterna”, in un nuovo governo sopranazionale: l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Quanti timidamente sostengono che ciò avvenne al fine di proteggere questi esaltati principi dovrebbero tenere a mente che il suo quartier generale è a New York, a pochi minuti dal quartiere dei banchieri, Wall Street, e che il suo modulo di comando, il Concilio di Sicurezza, diede agli americani e ai poteri vincitori un veto sui processi decisori. La creazione del minuscolo stato di Israele fu imposta attraverso l’Assemblea, sotto l’accusa di aver comprato voti africani, trasformando misteriosamente un territorio già occupato militarmente in uno Stato sovrano, seppure la creazione di un lingua dai frammenti dei suoi testi sacri socialmente inutilizzati fosse ancora in corso. Questo sarebbe divenuto un paese in grado di dettare le condizioni ai maggiori poteri industriali, vantare il più esteso e brillante servizio segreto del mondo e ottenere un’autorità intimidatoria sopra Stati Uniti e Germania, e tutto ciò con una popolazione pari a quella del Togo.

Un altro evento cruciale nel processo di riprogettazione dell’intera società umana fu l’accordo di Bretton Woods, sul quale è disponibile un’ampia documentazione. Di vitale importanza fu tuttavia il fatto che l’applicazione delle nuove procedure e l’utilizzo di nuove istituzioni politiche e finanziarie, accanto a un’imprevista e ancor più importante evoluzione nelle telecomunicazioni, determinò un complesso del tutto nuovo di parametri destinati a governare tutti gli eventi umani.

Il mondo nel quale siamo entrati supera abbondantemente la fantasia di quei romanzieri e registi che hanno previsto il futuro meramente in termini di un’ottimizzazione dei processi meccanici. A partire dal 1945, nel corso della seconda metà del secolo, fino all’eloquente per quanto insignificante celebrazione di un Terzo Millennio, la completa struttura di principi e valori morali, l’intera rete accettata di relazioni umane, inibizioni civiche e comportamenti accettabili, è stata spazzata via. Il matrimonio è stato abolito. La verginità è divenuta una vergogna e, per finire, la fedeltà è una possibilità effimera. La vita della famiglia è stata condannata. L’adulterio, da crimine per alcuni a peccato per altri, è stato semplicemente messo da parte, in una politica di camera da letto aperta. L’inversione è stata definita una pratica popolare alla moda, garantendo un’ulteriore erosione delle dinamiche della società e producendo un significativo gruppo sociale totalmente deviato dall’attività politica a causa del suo coinvolgimento in un’onnicomprensiva filosofia sessuale.

Wyndham Lewis, nel suo “The Art of Being Ruled”, ha detto: “È attorno al problema della famiglia che tutte le altre questioni della politica e della vita sociale sono riunite. La rottura dell’unità familiare è oggi il fatto centrale della nostra vita: è da questa disintegrazione centrale, sia nella realtà che nelle nostre menti –il conseguente riadattamento della nostra psicologia– che tutte le altre fasi rivoluzionarie della nostra nuova società irradiano. Da essa sono controllate le relazioni dell’uomo verso la donna, del bambino verso i genitori, dell’amicizia e della cittadinanza nei confronti dei nuovi ideali dello stato.” Ciò fu scritto nel 1926. Già allora egli fu in grado di comprendere che “il femminismo è un movimento rivolto alla distruzione della famiglia.” Proudhon, il grande anarchico negletto, nel suo libro “Contraddizioni” ha detto: “L’amore e il matrimonio, il lavoro e il circolo familiare, la proprietà e la vita domestica sono... tutti termini equivalenti. Su questo punto tutto il genere umano è unanime –tutti eccetto i socialisti, i quali, soli, nel vuoto ideologico, protestano contro questa unanimità del resto del genere umano. Il socialismo desidera abolire la vita familiare, perché costa troppo. Desidera abolire la proprietà, perché è pregiudizievole allo Stato.” Windham Lewis, in un’analisi su Proudhon, dimostra come quest’ultimo avesse percepito il pericolo di un nuovo stato schiavista peggiore di ogni altro visto in precedenza. Osservò che qualora l’uomo e la donna fossero stati costretti a farsi da parte “per esigenze economiche o intrighi politici, sarebbero caduti, ovverosia, non sarebbero più stati liberi.” L’acume di Proudhon anticipò brillantemente un’evoluzione sociale che, ai suoi giorni, era soltanto ad uno stato embrionale. Da una parte, il socialismo sarebbe passato da quella che ne era la sua versione, ovverosia l’abolizione dello Stato fiscale, alla versione marxista, ossia il capitalismo di Stato, per finire con gli stati sociali federalisti: C. E. e U.S.A. Dall’altra, l’allora incipiente sistema di case bancarie sarebbe passato attraverso le sue varie espansioni ed evoluzioni tecnologiche per divenire il grande dittatore della società e il suo adempimento.

Il detto popolare “I Greci hanno una parola per questo” (“The Greeks have a word for it”), esita di fronte al fenomeno della moderna attività bancaria. Essi non avevano una parola per questo. Il termine che i loro astuti pope scelsero per tradurre ‘banca’ fu ‘trapeza’, letteralmente ‘tavola’. Tale scelta fu determinata dal fatto che essa era l’unica banca che essi conoscevano. Sulla tavola di casa il marito poneva il suo salario, la moglie il suo salvadanaio di ceramica, e ivi riordinavano le spese familiari. L’abolizione della famiglia è stato il programma deliberato dell’evoluta attività bancaria. La tavola è nuda, quindi la famiglia è stata dispersa. L’ordine naturale è andato in pezzi di fronte a una serie di termini sociologici modernisti. “Famiglia monoparentale”, “genitori monosessuali”, “affidato alle cure dello Stato”, tutte queste espressioni annunciano collettivamente la fine di un’era. Deve essere continuamente ripetuto che gli imperativi categorici della nuova società non sono, nonostante le imponenti proteste dei media e della dialettica universitaria, parte di una sicura marcia in avanti evolutiva del genere umano verso i vasti altopiani assolati della retorica democratica, ma piuttosto, rappresentano una spaccatura, una disgiunzione e una fine. Secondo le parole di Malaparte: “rotto, finito, andato in pezzi, in malora”. Prima della Rivoluzione Francese i tre stati nei quali la società era divisa erano il Clero, la Nobiltà e il Terzo Stato. Dopo duecento anni di Democrazia la società è stata nuovamente ripartita in tre gruppi. I Banchieri, l’attuale classe tirannica dominante, i Miliardari, la nuova Nobiltà, gli Schiavi-Debitori, il nuovo Terzo Stato. Un’ulteriore sguardo su questa nuova classe oligarchica, la quale sconsideratamente dichiara ancora di essere il prodotto finale dell’evoluzione, la democrazia: il Terzo Stato originario era definito nel suo grado più elevato dal pagamento di tasse specifiche basate sui possedimenti terrieri, mentre all’infimo dalla mancanza di terra. Nella nuova distribuzione detta modernità il Terzo Stato è composto da coloro che hanno obblighi contrattuali di debito, e ogni cittadino, deve essere ricordato, è un debitore. Al di sotto si stende la vasta massa di persone viventi oltre la soglia del denaro in condizioni di abietta povertà, costretti ad avviare i propri figli alla prostituzione e a rovistare nei deserti di immondizie urbane per sopravvivere.

L’attuale situazione della grande maggioranza della popolazione del pianeta è una vita vissuta in circostanze di totale abiezione, completamente priva di speranza e condannata a una degradazione sociale inevitabile. L’inaccettabile percentuale di mortalità infantile appare quasi una benedetta liberazione dal lavoro minorile, dalla prostituzione e dalla fame di cui tanti bambini sono vittime. Se vi è qualcosa di più repellente di questo è l’attitudine dei cittadini democratici. Essi considerano questa situazione una norma. È trattata come un fatto antropologico. Non vi è senso di responsabilità da parte loro. La loro nauseante filosofia di libertà gli dice, in una cinica scimmiottatura di darvinismo sociale, che coloro dotati di talento giungono al vertice divenendo ricchi, ed è quindi la feccia ad affondare nella palude della povertà mondiale. I loro inutili e insensati modelli di comportamento, i V.I.P., famosi soltanto per il fatto di essere famosi, presenzieranno a gala di beneficenza per raccogliere fondi a favore delle sotto-classi sofferenti, indossando costumi odiosi il costo di ognuno dei quali sarebbe sufficiente a sfamare un bambino per un anno. Più deboli sono quegli pseudo-radicali che dimostrano al fine di persuadere i banchieri a cancellare una minuscola porzione del debito-interesse che ha condannato le loro impotenti piccole Nazioni Democratiche in una spirale degradante di indebitamento dalla quale non potranno mai emergere.

Se è possibile parlare di un gradino ancor più basso di ignominia, allora questo spetta a quegli spietati opportunisti e cinici sfruttatori tra i Musulmani, i quali hanno fievolmente tentato di evitare quanto sapevano essere la maledizione dell’usura. Questo ancor più ignobile gruppo di infami è rappresentato da coloro che offrono ai creduli l’illusione della Banca Islamica. Dal momento che il sistema bancario è una macchina globale totalmente integrata, inserirsi in esso con un qualsiasi programma minore che suggerisca un isolamento interno dall’usura è una fantasia risibile. La specie stessa è haram. La carta moneta è un debito obbligazionario usurario. Le centinaia di milioni inviate da un lato all’altro della terra tramite segnali satellitari, sostenendo, manipolando e controllando in tal modo i mercati mondiali, non esistono sotto forma di moneta metallica in nessuna camera di sicurezza, trattandosi, bensì, di una mera serie di impulsi elettronici guizzanti: una magia che ha schiavizzato il mondo.

Deve essere enfatizzato e ripetuto che, nella loro povertà, le grandi masse kafir, insieme a quell’esiguo corpo a cui è stata impartita un’educazione all’interno del sistema strutturalista kafir, non possiedono né gli strumenti intellettuali, né le capacità sociali per riconoscere l’inganno nel quale hanno vissuto la loro vita. Solo i giovani, essendo una nuova creazione, potrebbero rompere l’incantesimo. Vi è una dialettica tra i kuffar volta a sostenere che la causa del fondamentalismo deve essere riconosciuta nella condizione di povertà miserabile in cui vivono, quindi, una volta introdotta una qualche pianificazione sociale, eliminati i resti del loro Dîn e istruiti nel settore del turismo, la loro resistenza diminuirà. Il fallimento del fondamentalismo è piuttosto dovuto agli errori della sua ‘aqida, oltre al fatto che i kuffar hanno già messo a punto un programma destinato a condurli ad un estremismo volto a separarli, come setta distinta, dal grande corpo dei credenti schiavizzati.

Potrebbe sembrare, a prima vista, che la percezione del nichilismo sia in se stessa soltanto nichilismo. Nondimeno, la transvalutazione di tutti i valori necessaria al superamento del nichilismo e all’emersione dell’Oltreuomo, altro non è che la Buona Novella che Allah, gloria a Lui, annuncia nel Corano. La verità che deve ora essere scoperta è, quindi, molto semplice. Il processo tecnologico, le sue procedure e il suo networking, anche su scala globale, non si gestiscono autonomamente. La Democrazia Politica, in questa nuova epoca, da governo è stata ridotta a niente altro che una facciata politica per l’attività bancaria. Attualmente, una multinazionale dell’informazione basata in America vanta un’entrata annua superiore a quella della Russia intera. Il sistema della ricchezza non si piega, tuttavia, ad un sommario resoconto delle discrete istituzioni finanziarie, come se fosse un’addizione totale generale; il suo carattere, il suo genio e la sua energia si fondano, bensì, su un modello ben più dinamico. La ricchezza è oggi in costante movimento. La proprietà di un compagnia si ritrova in una società di capitali, la quale, a sua volta, è connessa ad una consociata in totale possesso di un’altra che risulta essere quindi parte di una finanziaria. La contabilità passa dalla compagnia alla società, dalla società alla banca, dalla banca alla offshore per poi muovere alla superbanca. I debiti divengono prestiti, quindi investimenti. L’intero edificio ricorda quel disegno di Escher in cui un antico castello si rivela un labirinto di corridoi infiniti, dove le scalinate si incrociano e si allontanano, cosicché la salita è una discesa e la discesa una salita, senza sosta. Tale fantasmagoria dovrebbe arrestarci, nella convinzione dell’impossibilità di decodificare e smantellare il grande sistema. Non sono, tuttavia, le banche a schiavizzare le masse del mondo, espropriandole delle loro ricchezze, dei loro beni, delle loro terre e dei loro figli, bensì i banchieri.

V

È ora tempo di esaminare questa nuova élite che governa il mondo. Chiunque potrebbe ricordare i nomi di tre calciatori famosi. Chiunque potrebbe citare i nomi di varie stelle del cinema. Chiunque potrebbe menzionare alcuni miserabili uomini politici. Eppure, per quanto quattrocento persone posseggano quasi la metà della ricchezza mondiale, soltanto pochi ne saprebbero nominare anche soltanto uno.

Siamo tiranneggiati, schiavizzati e indebitati da una élite assolutamente non eletta, i cui nomi neppure conosciamo. Aboliti i titoli ereditari e resa impraticabile alle masse, tramite un potente regime fiscale, la ricchezza ereditaria, il caso di tale élite rimane un’anomalia. I loro patrimoni e le loro terre ascendono vertiginosamente a dati pressoché incalcolabili, ben oltre i sogni di Alessandro.

Essi non hanno una lealtà di razza. Non hanno una lealtà di classe. Senza dubbio non hanno una lealtà nazionale. Pur affermando l’umanismo, si potrebbe dire che non siano leali al genere umano. Insistendo sulla loro compassione, affermano i Diritti dell’Uomo, certi che tale vana retorica possa sviare chiunque tenti di astenersi dal loro sistema monetario e da una vita priva di banche. Sono un’oligarchia, ma non in senso platonico, in quanto è nella natura del moderno nesso sociale che vi sia una disgiunzione tra essi e la specie umana, differenziandosi quindi dal modello primitivo per il fatto di non essere al vertice della società umana. L’insieme di tutti i crimini di tutti i delinquenti del mondo non equivale all’enormità del delitto da essi commesso quotidianamente tramite la continua applicazione del sistema usurario. L’inquinamento dell’oceano è il loro conseguimento. L’avvelenamento della terra è il risultato dei loro programmi. L’intossicazione dell’aria nelle grandi megalopoli è l’esito diretto della loro esistenza. I milioni di morti provocati nel mondo dalle perpetue sollevazioni sporadiche dei poveri espropriati delle loro terre, i quali, nella miseria più abietta, si rivoltano contro i vicini, o si riducono a cercare un sostentamento scavando negli immondezzai, altro non sono per essi che lo sfortunato effetto collaterale delle loro politiche monetarie.

Proprio al principio del Corano, Allah, gloria a Lui, affronta la questione di questa gente odiosa:

“Nei loro cuori c’è una malattia

e Allah ha aggravato questa malattia.

Avranno un castigo doloroso

Per il loro diniego.

E quando si dice loro: ‘Non spargete la corruzione sulla terra’,

Dicono: ‘Anzi, noi stiamo soltanto mettendo a posto le cose.’

No! Essi sono i corruttori,

Ma non se ne avvedono”.

Dice inoltre:

“Sono quelli che hanno

scambiato la retta Guida con la perdizione.

Il loro è un commercio senza profitto;

essi non sono guidati.” (2: 9-11, 15)

Uno di essi, Cassel, vissuto in Inghilterra, si servì dell’enorme ricchezza rubata per devastare l’Osmanli Dawlet, l’Egitto e il Nord Africa. Diede in moglie a Lord Mountbatten la figlia, la quale in tal modo divenne l’ultima Viceregina dell’India. Questa, intrecciata una relazione adulterina con l’Hindu Nehru, partecipò attivamente alla Spartizione (dell’India), un evento che causò milioni di morti. Giunta in fin di vita, questa miserabile creatura disse: “Nulla ho voluto di quanto ho avuto, e nulla ho avuto di quanto ho voluto!”.

Non amano essere chiamati banchieri. Dicono, talvolta, di essere nel settore investimenti. Ciò che realmente amano è essere chiamati filantropi. Nel senso che un pedofilo è un pedofobo, così si potrebbe dire che i filantropi siano in realtà misantropi. Non sono indifferenti alla sofferenza umana. Essi ci odiano e sono furiosi poiché causiamo tanti problemi. Uno solo è il processo che assicura il potere a tale élite. L’usura è il fattore comune, per quanto l’arena della loro azione sia l’attività bancaria, i mezzi di comunicazione e la borsa merci. Ma tutto questo è merce. Le valute sono comprate e vendute, così come i media e le ricchezze minerali quali il petrolio o l’uranio. L’interrelazione tra queste tre zone d’usura deve essere colta al fine di comprendere profondamente come sia l’attività bancaria a guidare non soltanto il movimento di ricchezze di merci e media, ma, contemporaneamente, il suo stesso sistema interno. Il sistema usurario totale mantiene a galla tutte le sue attività tramite il continuo trasferimento e movimento di milioni che non hanno, in senso stretto, alcuna esistenza o localizzazione; questi dipendono infatti da minuti impulsi elettronici o segnali radio destinati a trasmettere somme iperboliche attorno al mondo da un computer all’altro. Questo folle e fantastico dominio globale è basato sul continuo ritiro dell’oro dall’uso e dall’accesso pubblico, finché non sia riposto di nuovo nelle viscere della terra dove si trovava prima di essere estratto dagli schiavi minatori. Gli U.S.A. sono i più grandi importatori d’oro del mondo, quantunque ne proibiscano per legge l’esportazione.

BASIL ZAHAROFF. Fu ai principi dell’ultimo secolo che la sua vita ebbe inizio a Salonicco come cambiavalute. È molto probabile che il suo vero nome fosse Zohar. Ascese rapidamente la scala sociale tramite una sorta di attività poliziesca di acquisto d’informazioni volte al ricatto, all’influenza e alla corruzione. La prima fase del suo sistema fu di ottenere l’acquisto di armi da parte dello Stato. La seconda fu la vendita delle stesse allo Stato antagonista. La terza, l’istigazione al conflitto. Ciò ne promosse l’uso e giovò all’ampliamento del mercato. Conseguì un tale successo da ottener ben presto il controllo di Vickers in Gran Bretagna e Maxims in Germania. Nella prima decade del XX secolo divenne direttore di Ludwig-Loewe A.G. Berlin, Mauser, Daimler-Benz, Gebrüder Boehler e Krupps. Un aspetto affascinante e ricorrente nell’attività degli usurai è la capacità di riunire gli opposti politici in un’unità finanziaria. Così nel 1906 Zaharoff e Loewe si uniscono a Gontard. 1907, Zaharoff e Schneider si collegano a Creusot. Al fine di ottenere una posizione in Francia, fonda un ospizio per marinai, ottenendo prontamente l’onorificenza di Chevalier della Légion d’Honneur. Per prima cosa, compra in blocco una rivista popolare, il Quotidiens Illustrés. Ciò fu il primo passo verso l’acquisto dell’Excelsior, l’indispensabile forum politico. Divenuto ben presto Amministratore Delegato della Société Vickers-Maxim, inizia a vendere armi simultaneamente alla Russia e al suo nemico, il Giappone. Il famoso quotidiano Crapouillot dichiarò: “Nel corso della Guerra Balcanica, Zaharoff ha armato le due parti. Ha sostenuto la Grecia contro la Turchia, la Turchia contro la Serbia e, un anno dopo, la Serbia contro l’Austria”. Quando i Russi indietreggiarono di fronte al loro debito di armi, egli, semplicemente, inviò la mercanzia in Italia, dove controllava la “industria nazionale” Vickers-Terni, affinché fosse utilizzata contro i Turchi. A Costantinopoli, la Vickers inglese fondò la Société Imperiale Ottomane pour Constructions Maritimes. Le partecipazioni sarebbero state non-negoziabili e non avrebbero potuto essere cedute. Qualora le entrate della compagnia non avessero consentito il pagamento dell’interesse e l’ammortizzamento del capitale, i deficit sarebbero stati coperti dalle imposte fiscali dalla provincia di Sevas. L’Amministrazione del Debito Ottomano sarebbe stata responsabile dell’esazione di tali imposte. Alla nuova società per azioni sarebbe stato assicurato il monopolio sui contratti navali turchi. Essa avrebbe rinnovato gli arsenali di Irmid e del Corno d’Oro, oltre a costruire un bacino di carenaggio galleggiante in grado di ospitare un tonnellaggio pari a 32000 tonnellate. Avrebbe inoltre fabbricato una scuola a Ismid, case per gli operai e addirittura una nuova moschea! L’amministratore del Debito Ottomano era un suo vecchio amico, il finanziere ebreo Sir Vincent Caillard, membro del consiglio di Vickers.

Tornato in Francia, dal 1913 diviene nuovamente il filantropo: questa volta sovvenziona una cattedra di Aviazione all’Università di Parigi. Ciò gli garantisce la promozione a Officier de la Légion d’Honneur. Nel 1914, Zaharoff è coinvolto nel suo grande progetto. Alla fine di Gennaio corre voce che Krupps abbia comprato l’azienda di armi Putiloff a San Pietroburgo. Si annuncia che il Consiglio dei Ministri abbia fondato una società con Vickers. Sull’Excelsior di Zaharoff viene dichiarato che Vickers non ha nulla a che fare con il caso Putiloff. Non esiste alcun legame con Krupps. Le Creusot annuncia che non vi è alcun acquisto da parte di Krupps, solo un aumento del capitale insieme a Deutsche Bank. Così, nonostante la postura politica, i nemici Creusot e Krupps lavoravano congiuntamente. In fine, alla Russia fu concesso un prestito di venticinque milioni di sterline da parte della Francia. Putiloff ricevette due milioni da Schneider-Creusot, mentre Vickers Limited ebbe la sua quota di sei milioni e mezzo di sterline. Il 31 luglio Zaharoff venne promosso Comandante della Légion d’Honneur per ‘services exceptionnels’.

Nel 1914, secondo Otto Lehmann-Russbueldt, Zaharoff controllava le acciaierie Creusot di Henécourt e Châtillon-Commantry con un capitale totale di trecento venti milioni di marchi. Era nel consiglio del ramo austriaco di Vickers, come in quello della società francese “Le Nickel”, gestita dai Rothschild, la quale controllava i giacimenti di nichelio della Nuova Caledonia.

Chi erano, dunque, i principali azionisti, ovverosia gli ufficiali in servizio attivo, sotto il comando di Zaharoff? Nel luglio 1914, Vickers Limited vantava quattro duchi e marchesi, cinquanta tra visconti e baroni e venti cavalieri. Nel marzo 1914, il visconte Snowden commentò in Parlamento: “...Sarebbe impossibile scagliare una pietra contro i seggi opposti senza colpire un membro che non sia un azionista...”.

La rete di Zaharoff connetteva gli armamenti all’attività bancaria; tale vincolo, a sua volta, dominava e ordinava il capitale privato e l’industria, assoldando contemporaneamente i rappresentanti democratici. Così Eustace Tennyson, direttore delle costruzioni dell’Ammiragliato, era consulente presso Vickers-Armstrong. L’ammiraglio Ottley, segretario del Imperial Defence Committee, era un direttore di Armstrong. La National Service League poteva vantare ben otto presidenti di aziende di armi. La Lega Navale ebbe quattro ufficiali i quali detenevano la proprietà in società finanziarie di armi austriache, russe e italiane. I banchieri Rothschild e Cassel basati in Inghilterra, quando accordavano un prestito a governi stranieri, imponevano nell’affare la stipulazione di contratti con Vickers. In una di tali società tentacolari, la Société Francaise de Torpilles Whitehead, Zaharoff era associato a un ministro inglese, alla moglie di un ministro tedesco, a un contrammiraglio francese, alla moglie di un ufficiale austriaco, a una contessa tedesca e alla nuora di Bismarck, tutti uniti per produrre siluri francesi.

Alla vigilia della guerra, Zaharoff, inglese in Inghilterra, era Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine del Bagno e dell’Ordine di Gesù Cristo del Portogallo. Zaharoff, francese in Francia, fu elevato a Gran Ufficiale della Legion d’Honneur, per “servizi straordinari alla causa Alleata”.

Negli anni Venti Zaharoff si volse al petrolio, la nuova fonte di potere. Nel 1921 fonda la Société Générale de Huiles de Pétrole. Secondo il modello delle amichevoli amalgame tra multinazionali di armi nemiche nel corso della I Guerra Mondiale, si ebbero quindi le fusioni e riunioni tra i competitori per il petrolio. La Grecia combatteva sotto le direttive della Shell Oil, mentre la Turchia era il servomeccanismo della Standard Oil. Dietro la Shell era la “Gran Bretagna”, dietro la Standard la “Francia”. Il grande Sultano, Abdulhamid II, prevedendo le future battaglie tra i titani del petrolio, le cui ultime avventure includono “Desert Storm” e le sanzioni all’Iraq, oltre all’isolamento e alle sanzioni a Libia e Iran, rese Mosul un Waqf. Kemal, il servo della nuova élite, ben lungi dall’essere un patriota, lo cedette semplicemente all’insediamento di Lord Curzon. Gli amati nemici si riunirono di nuovo: i banchieri “americani” Kuhn-Lohb, Standard Oil, J.P. Morgan e la Banque de l’Union, l’entità bancaria parigina di Zaharoff. Con la distruzione del Califfato da parte dei Kemalisti, i Greci avanzarono le loro ultime pretese sulle terre periferiche. I Curdi furono incitati a fondare un regno. Il ministro curdo della guerra ricevette urgenti messaggi da parte di Zaharoff. La sollevazione curda, la prima di molte crudeli manipolazioni di quel grande popolo da parte della criminale élite bancaria, verteva, dal punto di vista curdo, sulla questione della sovranità, mentre, per i banchieri, su Mosul. La pace finale nell’area fu un accordo tra Anglo-Persian Oil, Royal Dutch Shell, Standard Oil e sessantacinque holding francesi.

Giunto al termine della sua esistenza, Zaharoff comprò il Casinò di Monte Carlo e sposò una principessa di casa Borbone. Si racconta che una sera, mentre sedeva contemplando il cambio di valuta, ricordo della sua gioventù a Salonicco, allorquando, in luogo di milioni di franchi, i suoi affari si limitavano a poche centinaia di dracme, venne avvicinato da una signora inglese che aveva perduto pesantemente. “Mi aiuti, Sir Basil” ella disse, “Giacché lei possiede tutto, deve anche conoscere come vincere”. Questi, freddamente, rispose: “Le posso dare soltanto un breve consiglio. Non come vincere, ma certamente come non perdere”. “Oh, mi dica, la prego”. Chiusi gli occhi, rispose: “Madam, non giochi!”.

Questo è il consiglio che dobbiamo seguire.

VI

I CAMONDO

La zona di operazione per l’immensa avventura bancaria, o, si potrebbe dire, per il furto organizzato e legalizzato della famiglia Camondo, fu la Costantinopoli dell’ultima fase del Califfato. Questa, nel XIX secolo, era un’elevata civilizzazione islamica destinata a conoscere, negli ultimi decenni, un risveglio culturale sotto il grande Sultano Abdulhamid II. In questo periodo i Musulmani prosperavano nel commercio e negli affari, mentre la significativa comunità ebraica e cristiana pagava la jizya, la tassa che li esentava dagli obblighi militari e proteggeva dalle persecuzioni religiose. Portata a termine da parte dei banchieri la ricostruzione della società, tutto sarebbe stato rovesciato: gli ebrei e i cristiani sarebbero stati i padroni, mentre i Musulmani Osmanli –Albanesi, Curdi, Turchi e Arabi– sarebbero stati ridotti in un tale stato di povertà quale mai era toccato in sorte ai non-Musulmani, ma che da quel momento sarebbe divenuto la norma. Nei quartieri di Péra e Galata, sede nel XIII secolo della colonia commerciale di Genova, iniziò a raccogliersi la comunità finanziaria straniera, presto seguita dalle famiglie bancarie giudaiche e cristiane. Il trasferimento dal Topkapi all’odioso e costoso palazzo di Dolmabache da parte del Sultano condusse fatalmente il Califfato nella rete dei finanzieri. Alla fine del secolo la metà degli ebrei di Istanbul viveva a Galata. Fu colà che Isaac Camondo creò la banca che reca il suo nome. Trenta anni dopo, il fratello, Abraham-Salomon Camondo, ereditò la sua fortuna, valutata in moneta dell’epoca, 1832, attorno ai venticinque milioni di dollari.

Nel 1839 il disastroso Hatt-i Sherif Gülane introdusse le Tanzimat, frantumando la legge islamica tramite l’abolizione dello stato di dhimmi dei non-Musulmani, assicurando il passaggio della grande ricchezza degli Osmanli nelle mani dei kuffar e ponendo la popolazione Osmanli nella posizione di schiavi nel loro stesso paese. Quanto compiuto dai banchieri a Costantinopoli tra il 1850 e il 1950 è stato ora ripetuto in tutto il mondo.

Le riforme furono: centralizzazione dell’amministrazione in sostituzione del governo locale autonomo liberamente connesso dell’Islam; unificazione della legge; l’inutile dono napoleonico di una “eguaglianza” assolutamente priva di qualsivoglia rilevanza finanziaria; secolarizzazione dell’educazione, da intendersi come abolizione della religione; riorganizzazione dell’esercito, al fine di trasferire la lealtà militare dal governo islamico agli ufficiali paganti kafir, un piano oggi portato a termine definitivamente, trasformando l’alto comando militare in un giunta agli ordini dei banchieri e serva di Israele.

I tre wazir che istituirono le Tanzimat Kafir furono Rechid, ‘Ali e Fuad Pasha. I loro banchieri e intimi amici erano i Camondo. Tutti questi cosiddetti riformatori avevano speso lunghi periodi a Parigi per essere indottrinati in quella politica che avrebbe spianato la strada al sistema di potere dei banchieri. Abraham-Salomon fu, secondo il costume dei banchieri, ricoperto di onorificenze: nel 1849 ricevette la “Nishan-i Iftihar”, divenendo Comandante del Medjidiyè.

L’emissione di cartamoneta, la Kaima, condusse virtualmente i banchieri a impadronirsi dello Stato. L’inesperienza degli Osmanli in rapporto alle modalità della finanza usuraria e dei suoi strumenti, obbligazioni, crediti, nuovi titoli, assommata alla falsificazione di banconote, costrinse lo Stato ad appellarsi ai banchieri per disegnare un sistema finanziario “moderno”. Le riforme monetarie fornirono l’opportunità di creare nuove banche, e queste, intercorrelate.

Nel 1845 lo stato Osmanli, insieme a Mm. Alléon e Théodore Baldazzi, creò la Banca di Costantinopoli. La guerra di Crimea fu l’evento che permise l’espansione dell’attività bancaria all’interno del Dawlet Osmanli, spianando la strada ai banchieri europei per il loro maggior crimine e inganno: l’investimento. Come tutto quanto è correlato alla filosofia kafir, ogni buon temine indica in realtà il suo opposto. Investimenti stranieri significò spoliazione di merci. I Rothschild furono i primi investitori “francesi” nella capitale ottomana. Fu Alphonse de Rothschild a recare la proposta del padre James di stabilire a Costantinopoli un ramo francese della casa. Il governo, tuttavia, aveva già sanzionato la fondazione della Banca Ottomana con un capitale di cinquecento mila sterline. Vi erano movimenti in corso per trasformarla in Banca di Stato. Il moderno sistema bancario applicava la sua formula irresistibile. La trasformazione del capitale privato in Banca Nazionale di Stato era il sistema di potere della nuova oligarchia.

Questo era il superamento del Colpo di Stato. Perché prendere d’assalto il Palazzo d’Inverno se era possibile impossessarsene senza colpo ferire? Chiunque avesse fatto fuoco sarebbe stato un nemico dello Stato. Un terrorista.

Alphonse tentò di fermare il progetto dei banchieri inglesi. Il nuovo conflitto era cominciato: la guerra interbancaria, combattuta non con le armi ma con le lettere di credito. La Compagnie Layard intervenne con un’offerta di venti milioni di sterline. I Rothschild esitarono per vedere la posizione di Layard prima di inviare il loro uomo chiave Landau, in quanto questi stava proponendo alla Banca Ottomana di essere l’unica istituzione finanziaria di Costantinopoli. Lord Canning e Thouvenal, gli agenti dei governi inglese e francese, ben lungi dal dettare il corso degli eventi, si limitarono ad aggirarsi dietro le quinte. Il problema non fu risolto fino a che Emile e Isaac Pereira non furono in grado di creare la Banque Imperiale Ottomane nel 1863. Sarebbe stato il modello che, in forme più evolute, avrebbe occupato il mondo, trasformandosi in super-banca, compiendo a livello internazionale ciò che i banchieri Pereira avevano fatto con lo Stato Nazionale: la formazione della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale. Ivi, in una stessa istituzione, si trovavano una Banca Centrale, una banca commerciale e un Crédit Mobilier. Avrebbe potuto fissare il tasso di sconto, prestare, comprare, vendere e negoziare l’acquisto di prodotti, finanziare e partecipare a progetti d’investimento e coniare e stampare nuova moneta. Per i Camondo era semplicemente la Banca. Mentre la Banca Ottomana era per lo più dipesa dal capitale locale, la nuova Banca Imperiale Ottomana era quella cosa magica e inaccessibile: una banca con “fondi internazionali”.

Con la fase successiva è possibile osservare l’archetipo di quella presa di possesso che in se stessa abolisce effettivamente i poteri delle rappresentanze elette politicamente. La Banca Imperiale Ottomana aveva introdotto i banchieri chiave di Galata, dimostrando nuovamente che quando i profitti chiamano, i nemici divengono alleati nell’attività bancaria. Tra i finanzieri di Péra erano stati incorporati Alléon e Hanson. Espandeva ora le sue attività creando un’istituzione sorella: La Société Générale de L’Empire Ottomane. Sir William Clay, presidente londinese della Banca Imperiale Ottomana si giustificò con i soci dicendo: “L’idea che ha spinto la Banca ad associarsi a questo progetto è l’esistenza in Turchia di due distinte sfere di finanza e commercio. Per quanto concerne le relazioni dello Stato turco con l’Europa, la Banca è lo strumento appropriato. Ma vi sono anche diverse operazioni finanziarie in collegamento con il governo, la municipalità e certi individui che abbisognano di una esperienza bancaria locale e dell’abilità di scegliere i banchieri e capitalisti appropriati ad uno specifico progetto. È chiaro che si potrebbe formare un’alleanza tra la banca e questi partiti, i quali sono molto ricchi, potenti e pronti ad agire. È preferibile che tali persone siano amici cooperanti con la Banca piuttosto che rivali.”

Andava prendendo piede un completo sistema di controllo finanziario. Le banche si sarebbero insinuate in ogni attività della vita civile, dal grande progetto tecnologico alla drogheria locale. Presto nessuna pratica sociale si sarebbe svolta senza passare attraverso le mani dei banchieri. Nessun concerto sinfonico, nessun negozio, nessuna scuola o collegio, nessuna casa, nessuna partita di calcio senza che la banca non si interponesse tra le due parti, orchestrando e controllando l’insieme; né si sarebbe potuta comprare una rivista o pagare una bolletta del gas se non valendosi di un debito diretto.

Padroni del mondo.

A Marsiglia era la famiglia Zafiri. A Vienna i Baldazzi. A Parigi erano i Camondo a risplendere sugli altri rivali di Costantinopoli. La Société Générale era in procinto di accumulare un capitale di due milioni di sterline suddiviso in 100000 quote da 20 sterline, delle quali meno di un decimo fu offerto alla pubblica sottoscrizione. Il credito di cui disponeva era talmente grande che, fondata nel luglio 1864, alla fine dell’anno era in grado di prestare al governo Osmanli una somma di cinquanta milioni di franchi. I Camondo potevano restare a guardare mentre la loro immensa fortuna cresceva considerevolmente.

Il fratello siamese dell’attività bancaria è il patrimonio immobiliare. È importante comprendere che i tentacoli finanziari coprono ogni aspetto della vita civile, così è la finanza, a sua volta, a dover stabilire quelle leggi che promuovono tale controllo. Una volta interpostasi tra il proprietario terriero e il compratore, la banca inventa una stima della terra o della proprietà a suo vantaggio. La struttura dei prezzi detta quindi la natura della transazione, e definisce o ridefinisce la natura dell’acquirente e l’uso del terreno o dell’edificio. Si potrebbe dire che quanto chiamiamo “il mercato” è in realtà il prezzo determinato tramite l’intermediazione bancaria tra compratore e venditore.

Nel maggio 1885 fu proposto un ordine di risanamento edilizio, l’Intizam-i Sehir Komisyonu. Concerneva per lo più il quartiere “cosmopolita” di Péra. Fu decretato al fine di permettere la costruzione di nuovi complessi commerciali e bancari a Péra, Galata e Tophane. L’attività principale era la costruzione di “Han”. In origine, nel sistema dell’Islam, questi erano stazioni di arrivo per carovane, alberghi e magazzini per il commercio veramente libero del mercato islamico. Valendosi della legislazione vigente relativa a queste istituzioni, la quale recava ricchezza all’intera comunità, i Camondo progettarono di costruire palazzi di uffici e banche per una nuova élite finanziaria non-Osmanli. Tra il 1855 e il 1865, in una piccola area a sud di Galata tra le vie Felek e Kürekciler, vennero costruite l’una dopo l’altra tutte le nuove banche, oltre nove dei dieci Han erano di proprietà dei Camondo. Quattro banche su sei furono insediate nei loro Han. Il Crédit Lyonnaise era presso lo Yakut Han, in via Mertebani, un edificio appartenente ai Camondo. Gli Eugenidi, greci di Costantinopoli, fondarono con la famiglia Lafontaine la Società Ottomana di Cambio e Valuta. Essi scelsero il Latif Han dei Camondo, in via Sevud. Gli Zafiri e la loro Banca di Costantinopoli furono sistemati presso il Lacivert Han dei medesimi proprietari. La Société Generale stessa, fondata da Abraham-Béhor, prese naturalmente un Han Camondo. Anche il levantino Tubini, nemico di Nissim e Abraham-Béhor, si stabilì nel 1869 in un Han Camondo.

La relazione tra il capitale bancario e l’urbanizzazione indica questa evoluzione del suo potere e la conseguente centralizzazione ovunque fosse caduta la scelta di stanziarsi. I Rothschild a Parigi offrono il modello di insediamento seguito dai banchieri per essere al cuore degli affari umani. Dapprima scelgono una zona ove i beni immobiliari sono ben valutati e di rilievo sociale. Il barone James Rothschild tra il 1835 e il 1859 acquistò diverse case cittadine in Rue Lafitte, inclusa quella che era appartenuta a Laborde, il banchiere di Luigi XV. Divenendo in tal modo un vicino del banchiere francese Jacques Lafitte. Questo fu il segnale di trasferimento per gli altri banchieri. Il quartiere venne presto trasformato in un distretto di finanzieri. Quindi fu costruita La Borse nel suo centro, mentre al margine fu stabilita la Banque de France. Presto sarebbe stata edificata la Opéra Garnier quale gioiello della loro corona. Infine, estendendo ulteriormente il loro credito e coinvolgimento, vennero i lussuosi magazzini, i gioiellieri, i negozi, le case di moda, le banche minori, i cambi valuta e le assicurazioni.

Come a Parigi, così a Istanbul, grazie alle attività dei Camondo verso la fine del 1860. Le boutique e i magazzini cominciarono a stringersi attorno agli Han Camondo, portando con loro l’illuminazione a gas nelle strade per estendere il giorno commerciale alla notte. Il legame tra le attività capitali di Parigi e quelle di Costantinopoli divenne visibile nel loro abbigliamento. I completi dell’élite bancaria provenivano da Rue de la Paix a Parigi, le camicie da Lami-Housset, i bastoni da passeggio da Verdier, i cappelli da Bandoni, i guanti da Jouvin; tutto era acquistato da Taksim, Istanbul.

Il ruolo costante di “filantropi” era e rimane la loro facciata sociale, da un lato per conferire un buon nome alla loro professione di furto ed esproprio, dall’altra, forse per lenire una minima porzione del loro male. Ad Abraham-Salomon Camondo piacque molto tirare un velo di carità sopra il volto dell’usura. Costruì una sinagoga a Büyükdere sul Bosforo. Edificò un centro per la comunità a Rodi, mentre a Lindos la scuola Kadosh Camondo e una sinagoga. Finanziò la pubblicazione del Mea’m Loez, un commentario dell’Antico Testamento ad uso dei Gentili. Nel 1870 fondò nel quartiere Hasköy di Costantinopoli un seminario con sei rabbini residenti, lo Yeshiva Maghen Abraham. Non tutti i banchieri erano “filantropi”; riunitisi a Parigi un po’ da tutta Europa, alcuni volevano soltanto la Bourse e i nightclub, come i Fould, i Worms de Romilly e i Cerfberr. Lo stesso accade oggi: alcuni sostengono le antiche tradizioni del passato, mentre altri vogliono Las Vegas e Hollywood.

Sarebbe falso supporre che i banchieri abbiano sempre incontrato l’approvazione delle autorità religiose. Alcuni rabbini in visita rimasero sconvolti di fronte all’insegnamento impartito nella scuola di Hasköy. Essi accusarono Abraham-Salomon di essere un despota, e, guidati dal loro capo, Rabbi Akresh, si presentarono nei pressi del suo lussuoso Yali presso Yeniköy, per gridargli furiosamente la dichiarazione di scomunica. Sfortunatamente per il Rabbi, il leale massone Fuad Pasha quel giorno stava prendendo un tè con l’amico banchiere, e fece quindi prontamente incarcerare il rabbino. Tale contesa prevenne il Dawlet Osmanli dal designare un Rabbino Capo dal 1863 al 1908.

Sabato 21 novembre 1864 presso l’Hotel d’Angleterre di Péra, Nissim Camondo annunciò la creazione a Costantinopoli del comitato regionale dell’Alleanza, un’organizzazione pan-ebraica europea per proteggere dalla persecuzione i loro correligionari. Parigi, “centro di civilizzazione”, sarebbe stata il quartier generale dell’A.I.U., Alliance Israelite Universelle, fondata da un gruppo di accademici. Uno dei loro primi successi fu conseguito al Congresso di Berlino alla presenza di Bismark e D’israeli. Fu sollevato il problema dei diritti civili degli ebrei, subordinato, a loro parere, dall’indipendenza degli stati balcanici. Furono anche i primi a promuovere il dialogo tra ebrei, cristiani, e poi, musulmani.

I Camondo, lavorando con il comitato centrale dell’Alleanza di Parigi, decisero quindi di creare una facoltà di Agraria a Jaffa, in Palestina, dal costo di oltre cento mila franchi. Una forte resistenza continuò nondimeno tra gli ebrei della comunità cittadina. Ciò rivela come una dimensione razziale non possa essere sostenuta. In verità, se non si crede che Hitler in un certo modo incarni un metafisico potere del male, ma sia piuttosto una parte delle complesse forze distruttive nella società, allora un’altro elemento di quella tragica equazione che ha condotto al genocidio di massa degli ebrei potrebbe portare all’identificazione di uno dei suoi impulsi principali nella devastante avidità dei banchieri usurai, tra i quali le grandi famiglie ebraiche erano indubbiamente predominanti. Nel diciannovesimo secolo, l’espressione irrazionale della furia rivolta contro i banchieri della Francia di Luigi Filippo si scaricò sullo sfortunato Capitano Dreyfus. Nel ventesimo secolo, la collera di un’Europa in fallimento e in rovina sarebbe scoppiata non contro uno, ma contro milioni di invidui con orribili risultati. A Costantinopoli quella ostilità comunitaria non cessò mai, concludendosi addirittura nel danneggiamento delle tombe dei Camondo ad opera di gruppi religiosi giudaici che si opponevano alla loro presenza nella città.

Con l’enorme ricchezza accumulata dai Camondo, e con il conseguente collasso del nesso sociale Osmanli, questi iniziarono ad acquistare proprietà a Parigi con l’intento di penetrare nella capitale bancaria del mondo. Gli fu ben presto concessa l’ammissione temporanea al Circolo Imperiale e un palco all’Opéra. Nissim Camondo a Abraham-Béhor si congiunsero alla famiglia Oppenheim, la cui ricchezza era frutto del saccheggio dell’Egitto. Hermann Hoppenheim, dopo aver spogliato l’Egitto e averne criticamente indebitato il governo, decise di trasferirsi a Parigi nel 1866. Egli seguì la procedura classica. Acquistò l’Hotel Scribe e uno château in campagna che riempì di tele di vecchi maestri, mentre suo nipote Henry sposò un’aristocratica inglese.

Il 1869 vede Nissim a Parigi in compagnia di Sadik Effendi e Daud Pasha, ministri Osmanli rispettivamente delle Finanze e degli Approvvigionamenti, di Charles Mallet, presidente parigino della Banca Ottomana, di Casimir Salvador, presidente del Crédit Mobilier e del famigerato Barone de Hirsch. Camondo ebbe un duplice ruolo, rappresentando sia la sua casa che la Société Générale. Il consorzio, diretto dalla Banca Ottomana, era in accordo con Sadik, mentre il potente Hirsch era con Daud Pasha in un’offerta rivale. Uno dei temi più scottanti in discussione fu la Ferrovia Costantinopoli-Berlino. Grazie alle trattative di Nissim, l’11 marzo 1869 la convenzione fu firmata da Mallet e Sadik Effendi. Nissim scrisse trionfalmente: “Adesso, tutti questi signori dovranno capire che d’ora in avanti dovranno trattare con me e nessun altro!”

All’apice del successo, guadagnando tassi d’interesse sempre più elevati, non erano consapevoli dell’impatto che i loro trionfi avrebbero avuto sul Dawlet Osmanli, condannato al collasso sotto l’usura dirompente imposta dai loro banchieri. Erano stati trattati così bene, avevano ricevuto alte onorificenze e privilegi sociali, addirittura funerali quasi di Stato −ma essi non avevano intenzione di attendere il funerale dello Stato stesso. Non l’ombra di un rimpianto, non il minimo senso di sradicamento o di esilio, non un rimorso di coscienza per il fatto che pochi yali pieni di banchieri avessero messo in ginocchio un Dawlet che tutti gli eserciti d’Europa erano stati incapaci di schiacciare.

Insediati a Parigi, iniziarono quella procedura che ancora oggi è pratica assolutamente regolare dei banchieri. I titoli, i palchi all’Opéra, l’acquisto di grandi dipinti, i castelli, le grandi case di città. Durante i difficili tempi di Sedan e della Comune, Abraham e Nissim si rifugiarono presso i loro amici, i super-ricchi ex banchieri di Baghdad, i Sassoons, i quali erano tanto esperti nell’“essere inglesi”, quanto i Camondo nell’“essere francesi”.

Nel 1860 iniziò ad emergere un nuovo quartiere lungo il margine del Parc Monceau nell’ambito del progetto Haussman per il rimodernamento di Parigi. Una parte significativa di terreno fu ceduta a Emile Pereira. Ben presto l’impressionante imponenza delle case, già fondate o in costruzione, cominciò ad attrarre i grandi banchieri. I Rothschild, i Cernuschi, i De Menier. Avrebbe presto allettato anche una delle famiglie più distinte, i Camondo. Come al solito, la guerra trasse ondate di nuovi investimenti e profitti. A seguito dell’armistizio, nel 1871, la Francia dovette pagare alla città di Parigi duecento milioni per il suo sforzo bellico, oltre ai cinque milioni di indennità pretesi dalla Germania. La Banque de Paris, Sterne, Haber e Schnapper, insieme con il governo francese, progettarono la costituzione di un sindacato finanziario al fine di negare ai Rothschild l’esclusività della commissione; si sarebbe chiamato Groupe Paribas. A partire dal 1860, come si è detto, tali sindacati divennero sempre più comuni e utili, combinando banca privata e banca pubblica, istituzioni di investimento e organismi di deposito di capitale. Infine, come sempre, la guerra tra banchieri si concluse in una coalizione in nome dell’avidità. Il potere bancario associato di Parigi emerse costituito dai Rothschild, dal Crédit Lyonnaise, dalla Banque de Paris et les Pays-Bas e, dal 1872, da I. Camondo et Cie.

Con il trasferimento al numero 61 di rue de Monceau, avrebbe avuto seriamente inizio un’altra mania dei banchieri, la collezione di opere d’arte. Era un’ossessione condivisa. Il gusto straordinario, oltre alla capacità di creare “collezioni” coerenti, per quanto derisa da quegli intellettuali anti-ebraici molto rumorosi, non potrebbe oscurare il fatto che assolutamente nulla di quanto raccolto sia stato una loro creazione. Tutto ciò che potevano fare era comprare, comprare e comprare. Alla sua morte Abraham lasciò oltre cento dipinti. Nissim, sessanta. Vi erano chateaux a Saint-Prix e a Tanlay, a Bellevue e Freschines, a Brienne e Vernon-Bizy.

Sembra impossibile esagerare lo splendore nel quale i banchieri parigini vivevano. Il famoso poeta ebreo Heinrich Heine, congedandosi dalla sontuosa dimora di James de Rothschild, in rue Saint-Florentine, commentò acidamente: “È la Versailles della plutocrazia parigina.” I Camondo erano detti i Rothschild d’Oriente. La loro magnifica casa a a rue Monceau divenne qualcosa di completamente francese, antologica, una completa ricostruzione della grandezza della Francia nel diciottesimo secolo, in cui l’unica traccia della famiglia Camondo era il nome del palazzo.

Dal momento che la leggenda è ancora propagandata, si è fatto notare quanto sia bizzarra l’idea che l’attuale Museo Camondo sia in un certo modo un dono straordinario e un successo accordato alla Francia da esteti generosi. Ogni cosa esposta non è che il prodotto del genio francese all’epoca della sua grandezza, da Luigi XIII a Luigi XVI. Era proprietà dei Francesi. La rivoluzione, le guerre e le terribili convulsioni del capitalismo bancario avevano estorto tali artefatti ai legittimi proprietari, gettando questi ultimi sulla strada o in esilio, espropriandone i palazzi e, nel migliore dei casi, mettendo in vendita alle aste dei banchieri quanto già non era stato strappato dalle loro mani e rubato dalle loro case. Come un membro della famiglia Beaumont, decana dell’aristocrazia francese, commentò nel corso di una visita al Museo: “Ma tutte queste cose appartengono a ognuno dei nostri conoscenti!” L’abisso tra l’aristocrazia e i membri specificamente ebraici della élite bancaria non fu mai colmato in quanto i primi erano fin troppo consapevoli del fatto che al declino delle loro fortune corrispondeva il vertiginoso aumento delle ricchezze degli altri.

Nissim de Camondo, nipote del Nissim costantinopolitano, e figlio di Moïse, l’ossessivo collezionista “esperto” di arte francese del diciottesimo secolo, fu ucciso nel corso della guerra del 1914-1918 insieme ad altri membri dell’élite bancaria. Neppure questo fece presa sulla Duchessa de la Rochefoucauld, discendente del noto autore delle “Massime”, la quale osservò come il loro sacrificio fosse stato del tutto appropriato: “Rien d’etonnant, car c’est une guerre d’usure!”

A differenza delle altre famiglie, i Camondo, avendo pochi figli, rinunciarono presto all’attività bancaria. In tal senso, partendo da Moïse fino all’estinzione della linea familiare non possono essere considerati o giudicati parte dell’élite bancaria. All’interno di quella fratellanza essi erano, nonostante l’interminabile conflitto finanziario, protetti ed intoccabili. Una volta lasciata l’arena del denaro, i Camondo divennero semplicemente una tra le tante normali ricche famiglie ebraiche. E fu così che, alla metà del ventesimo secolo, la terribile energia demoniaca repressa del Nazismo cadde sugli indifesi e innocenti resti della un tempo grande famiglia Camondo. Beatrice, l’ultima del ramo, insieme al figlio e alla figlia ventenni furono spazzati via dalla Gestapo per morire con milioni di altri nei campi di concentramento polacchi.

VII

Risulta chiaro dalla nostra indagine che i banchieri rappresentano il vertice di un sistema usurario unificato, che include anche i produttori di petrolio, di merci preziose e le multinazionali, compresa l’industria del cibo, che nella sua avidità appone il suo marchio sulle piante tropicali nelle profondità di ciò che rimane delle foreste pluviali amazzoniche. Un’inevitabile interdipendenza collega l’attività bancaria all’intero processo del commercio, sebbene quanto potrebbe considerarsi normale interscambio sia totalmente asservito alle attività e alle strutture dei prezzi dei magnati dei media, degli operatori di borsa merci, di futures e di valuta. Questi ultimi si nascondono dietro il nome di “speculatori” come per suggerire di non essere parte intrinseca della diabolica alleanza. È stato anche riconosciuto che questa élite bancaria, per quanto diretta e controllata da famiglie di origine ebraica, è nel contempo in parte direttamente responsabile dell’orribile genocidio perpetrato contro il loro stesso popolo. È ora ben noto che non fu soltanto il banchiere di Hitler, Schacht, ma anche i principali banchieri di Wall Street di origine ebraica ad aver finanziato il partito Nazional Socialista. Come abbiamo visto nella figura archetipo di Zaharoff, non vi è nulla di più irresistibile di una buona guerra, e l’ascesa dei Nazisti fece presagire un inevitabile programma di riarmamento su vasta scala.

Vi è un processo metodico e altamente sofisticato per sviare un esame critico intelligente del sistema bancario. A causa di ciò che si è appena mostrato, il primo muro di protezione è l’accusa di antisemitismo rivolta a chiunque attacchi i banchieri, per quanto, alla luce di quanto scritto sopra, ciò sia chiaramente assurdo, essendo essi stessi i parziali autori della tragica sofferenza di questo popolo. Per evitare che il terribile tradimento della loro stessa gente fosse smascherato, si è preferito elevare Hitler ad una posizione metafisicamente insostenibile, conferendogli l’immagine di una sorta di incarnazione di qualcosa definito “male assoluto”. La filosofa ebrea Hanna Arendt, nella sua famosa analisi psicologica dello sterminatore, giunse alla conclusione che la sua qualità distintiva era ciò che definì come “la banalità del male”. È tale banalità ad essere negata nell’orribile culto dei morti costruito attorno alle sue vittime, distinguendo la loro sofferenza da quella delle decine di milioni uccisi nei gulag, un’intera nazione di morti la cui eliminazione può essere ricondotta alle stesse enormi contraddizioni della società capitalista, lo strumento politico della quale ha sempre avuto un carattere strutturalista, democratico e costituzionale. Questo dilemma e questa trappola presto o tardi dovranno essere affrontati dai pensatori delle comunità ebraiche, la cui significativa presenza alla guida del movimento ecologista e del movimento anti-globalizzazione in America rivela come questo discorso abbia già avuto inizio.

La seconda forma di difesa contro l’analisi critica è parimenti oltraggiosa. Poiché, come si è visto, la cosiddetta dialettica democratica è fondata sull’antagonismo tra destra e sinistra, un residuo sano da entrambe le parti non poté non riconoscere il sinistro ruolo degli usurai. I primi pensatori della sinistra, quali Proudhon e Bakunin non ebbero dubbi sulla questione, nondimeno, il discorso socialista fu dirottato con una serie di attacchi maligni e ingiuriosi da Carlo Marx, sul libro paga dei Rothschild. Fu così che il più tragico inganno del ventesimo secolo fu perpetrato: la mitica idea che la dittatura del proletariato avrebbe bandito l’élite capitalista, con i disastrosi risultati a tutti noti. La destra, con la sua pervertita dottrina socialista, ovverosia operando in una struttura che negava i suoi padri fondatori, Bakunin e Proudhon, a parte il macabro razzismo in Germania, ebbe un discorso minoritario incentrato sulla pratica dell’usura. Così come furono prodotte dimostrazioni utili e autentiche delle contraddizioni del sistema bancario e della carta moneta, fu pericolosamente fraintesa la dimensione indubbiamente esistente della massoneria e la minacciosa identità delle istituzioni politiche sopranazionali. Abbandonata la ragione, si diressero verso la filosofia di una cospirazione mondiale. Purtroppo, ciò che si è giunti a chiamare “teoria cospirativa” può anche essere chiaramente identificata come la politicizzazione della paranoia privata. Ne deriva che chiunque parli di una cospirazione mondiale sia indubbiamente pazzo. Il centro di ricerca dei finanzieri ha con successo relegato in disparte tutti gli attacchi critici al sistema bancario semplicemente gridando: “Teoria cospirativa!”

Quanto proposto non è né una teoria anti-ebraica, né una teoria cospirativa. Questa analisi è fatta da un musulmano alla luce della rivelazione coranica, della gloriosa Sunna del Messaggero, che Allah lo benedica e gli conceda la pace, e della ‘Ijma della comunità islamica nel corso dell’intero Califfato.

Un’ulteriore dimensione moderna dell’evoluzione del banchismo è il problema della relazione tra il mondo della finanza e l’industria illegale della droga. Quantunque le droghe pesanti continuino ad uccidere meno gente dell’alcool e del tabacco, e il suo indice di mortalità dipenda pesantemente dall’adulterazione del prodotto dovuta alla pressione della sua commercializzazione, i governanti democratici persistono nella sua illegalità nonostante la prova che una rimozione dalla valutazione di mercato porterebbe alla vendita dell’articolo non sofisticato, eliminando in maniera quasi completa quelle morti causate da additivi chimici. L’industria della droga insieme a quella degli armamenti prende posto quale primario produttore di ricchezza del sistema kafir. Inoltre, grazie ai loro esperti di pubbliche relazioni altamente remunerati, i banchieri hanno inventato una terminologia finanziaria per suggerire che la loro relazione con l’industria della droga sia del tutto innocente e interamente dovuta all’astuto inganno dei produttori. Il termine coniato è “riciclaggio di denaro” (money laundering). Questo presenta una doppia ironia, in quanto ha la temerità di sostenere che il resto del sistema monetario sia in se stesso “senza macchia”. È semplicemente impossibile che le banche del mondo possano inconsapevolmente detenere, trattare, trasferire e investire la ricchezza dei baroni della droga. È parimenti insostenibile che i miliardi derivati da questo commercio socialmente distruttivo permangano al di fuori del sistema bancario, nascosti sotto i letti dei capi dei cartelli della droga in borse di plastica marrone.

La stessa stampa kafir ha vantato quei quattrocento individui che posseggono quasi la metà della ricchezza mondiale. Non si tratta quindi della fantasia dei loro oppositori. Disturba il fatto che costoro rimangono praticamente sconosciuti quantunque controllino il destino non solo della popolazione mondiale, ma anche del globo stesso. Soltanto per un momento il velo fu sollevato su una di queste spudorate e odiose persone. Stringiamo i denti per volgere lo sguardo su un membro di questa coorte ripugnante, ora fortunatamente morto.

Non fosse stato per l’evento e la strana natura del suo decesso, si sarebbe rimasti beatamente all’oscuro della sua esistenza. Alle 5 antimeridiane di venerdì 3 dicembre 1999, fu dichiarato che due intrusi mascherati avessero fatto irruzione nell’attico di Monaco del banchiere miliardario Edmond Safra. L’incendio appiccato all’interno dell’appartamento ben presto sfuggì di mano; il banchiere terrorizzato scappò nella stanza da bagno insieme alla sua colf, serrando per sicurezza la porta blindata. Quantunque su moglie gli avesse detto al telefono cellulare che sarebbe stato sicuro uscire, pare che questi fosse troppo spaventato; ne seguì che sia il banchiere che la bambinaia furono uccisi dalle inalazioni di fumo. L’attico sovrastante l’elegante edificio Belle Époque di sei piani, il quale, come ci si poteva aspettare, ospitava tre banche, fu seriamente danneggiato nell’incendio. Ben presto, la storia degli intrusi mascherati cedette alla versione che il fuoco era stato appiccato dall’interno dal suo infermiere ebreo, Ted Maher. Tale racconto divenne sempre più dubbio non appena i media cominciarono ad investigare sull’evento. Un’abietta scia di prove emerse rapidamente, mostrando come Safra fosse indagato in relazione all’operazione Iran-Contra. Si disse inoltre che egli fosse profondamente coinvolto nella gestione dei fondi della Mafia russa. Apparve quindi un libro di Bryan Burrough intitolato “Vendetta”, nel quale si parlava in forma drammatica di un selvaggio conflitto tra Safra e il potente settore bancario dell’American Express. Furono pubblicati alcuni estratti del libro, ben presto finito fuori commercio e divenuto inaccessibile. Il cadavere al centro di questa frenesia di chiacchiere e notizie rivelò ben presto di appartenere ad uno dei più ricchi cittadini privati nel mondo. Semplicemente nessuno aveva mai sentito parlare di lui. Nondimeno egli possedeva la Trade Development Bank of Switzerland, che aveva venduto nel 1983 all’American Express. Era inoltre proprietario della Republic National Bank di New York, delle banche SAFRA (Florida, New York e California), della Banque de Crédit Nationale, della S.A.I. (Beirut, Libano), del Banco SAFRA S.A. in Brasile, del Sabon S.A di Panama e Concord Trust Ltd di Londra; oltre a questo possedeva numerose altre banche in tutto il mondo. Era nato in Libano e, fedele al profilo sopra delineato, si definiva banchiere e filantropo. Quando morì, all’età di sessantasette anni, stava supervisionando la vendita della Republic National e dell’affiliata SAFRA Republic Holdings alla britannica HSBC Holdings per 9,85 miliardi di dollari. L’affare andò in porto fruttando agli eredi 2,8 miliardi di dollari. Il responsabile alla sicurezza, Shmule Cohen, giunse all’appartamento troppo tardi per salvare Safra, il quale aveva reclutato un piccolo armata di guardie del corpo tra i veterani delle unità speciali dell’esercito di Israele. Il suo profilo di banchiere rimane del tutto classico con l’usuale serie di case lussuose, ville e appartamenti in tutto il mondo. La sua villa “La Leopolda”, appartenuta al re Leopoldo del Belgio, da cui il suo nome volgare, era stata il sito di quegli odiosi celebrity parties nei quali all’élite bancaria piacque apparire mescolandosi alle stelle e ai magnati dei media. Un servizio altamente poetico su tale dimora raccontò ai creduli lettori che la sua ricchezza era stata accumulata in Libano grazie agli aiuti finanziari forniti alle carovane del deserto! Per quanto tempo la gente potrà ancora perseverare in tale ingenuità e abissale ignoranza di fronte a quanti dal nulla, per mezzo di una serie di spietati inganni, manipolazioni e collaborazioni riuscirono in quel gigantesco furto che li ha lasciati con un’imponente somma di capitale conteggiata in miliardi, il cui prezzo è stato la riduzione delle masse del mondo a una grande nazione di debitori, la razza umana, ad eccezione di alcune centinaia di criminali?

Una nota politica finale deve essere aggiunta a questa analisi, dal momento che serve ad isolare e definire questi nemici del genere umano e in particolare dei musulmani. Si è visto come una delle caratteristiche della democrazia sia stata la costituzione di una società che, fondata in origine sulla terra, è passata a basarsi sul denaro. Ancora, il popolare termine giornalistico “aristocrazia bancaria” è un altro inganno, anche se ciò non significa che, grazie ai loro crimini, non abbiano acquisito significativi appezzamenti di terreno. La filosofia politica dello Stato moderno, ossia U.S.A. e U.E., anatematizza ogni forma di elitarismo, poiché formare un’élite implicherebbe il ritorno a quel sistema di potere che esercitava il suo dominio sul Popolo ora gloriosamente liberato. Dopo l’accusa di antisemitismo, quindi, si potrebbe dire che la cosa peggiore di cui essere tacciati è di elitarismo. Ancora una volta, la ragione relativa a entrambi i termini è che i banchieri devono essere protetti dallo smascheramento. In Gran Bretagna l’intera struttura sociale, culturalmente ricca e dotata di un’eredità vivente, fu condotta a termine dal suo governo socialista. La cosiddetta Madre dei Parlamenti era sopravvissuta per secoli con un sistema bicamerale, la Camera dei Comuni che governava e la Camera dei Lord con funzioni di revisione e consiglio. Culturalmente, la Camera dei Lord manteneva ancora una certa autorità che era espressione di una società fondata sulla terra. Il motivo dell’abolizione della seconda camera fu che i Democratici reputavano oltraggioso che un uomo potesse governare in ragione della sua eredità. Poiché questo era il principio offensivo, e non il passato politico dei Lord, e dal momento che questi ultimi erano stati in ogni caso condotti sull’orlo della bancarotta, o per lo meno dell’indigenza, non avevano null’altro da offrire al paese che il talento genetico di cui erano in possesso. Erano stati umiliati da una serie di leggi di tassazione ereditaria e da imposte di successione. Si consideri il fatto che nessuna di tali inibizioni o relegazioni sociali fu mai imposta alle famiglie dei banchieri. Questi sono un’élite, che nel secolo scorso si accasò addirittura all’interno dell’aristocrazia nella sua scalata al potere. Ora, naturalmente, si sposano tra loro come gli antichi feudatari del passato. Le grandi dinastie bancarie d’Europa e d’America sono affari di famiglia i cui alberi genealogici sono mappe della ricchezza mondiale. Proprio di recente i Rothschild hanno commissionato una serie di miniature raffiguranti il gran numero di palazzi da essi posseduti nel corso del tempo in Europa dal momento della loro ben documentata ascesa al potere.

È ora tempo di esaminare la situazione presente alla luce del Nobile Corano, la guida dei muminun.

VIII

È urgente che i kuffar comprendano che anche con la giusta critica ai processi sociali e finanziari non riusciranno a liberarci dall’asservimento corrente. La categorica differenza tra i due gruppi, i kuffar e i muminun, è che il primo si considera estraneo al disegno degli eventi predestinati, mentre l’altro comprende di sottostare al potere dominante di Allah, gloria a Lui, dal Quale non vi è fuga. Solo quanti si siano allontanati dalla menzogna distruttiva dell’umanesimo passando all’Iman, il riconoscimento della Signoria del Creatore Divino e Signore del Giorno del Giudizio di tutto il genere umano, e della legiferazione del Suo Messaggero, che Allah lo benedica e gli conceda la pace, saranno tra i vincitori. La lezione degli ultimi due secoli è stata che il genere umano, lasciato al suo progetto, la democrazia, si è volto da una massa anonima a un uomo solo in rappresentanza di tutti, un dittatore e distruttore che determina il genocidio del suo stesso popolo. I leader delle democrazie non differiscono dai famosi dittatori. “Il governo del Popolo, per il Popolo, dal Popolo” è il massacro in Vietnam e Corea. Democrazia in Europa è la distruzione totale di una nazione nella terra desolata del “Desert Storm”, con la conseguente morte in massa di bambini e invalidi negli ospedali iracheni. La Democrazia ha dato al Sudafrica due cose addirittura peggiori del vergognoso apartheid: ha messo l’oro al sicuro nelle mani dell’élite usuraria e ha reso quindi Johannesburg la capitale mondiale del crimine, assicurando al paese la più grigia delle statistiche: uno stupro ogni trenta secondi.

La resistenza, qualora intrapresa, è immediatamente tacciata di terrorismo. Vi è oggi una completa procedura mondiale pronta a schiacciarla. Ora il cittadino del mondo ha un unico nemico: suo fratello. La polizia è stata trasformata nello strumento di controllo totale. Gli eserciti di oggi marciano soltanto, come in Turchia, contro il loro stesso popolo. A Seattle, contro quale nemico ha sparato la Guardia Nazionale? I cittadini di Seattle. Tutto ciò che li differenziava dai loro fratelli e dalle loro sorelle era la loro armatura speciale da combattimento, nera, corazzata e medievale. Sarebbe folle combatterli, con i loro fucili per stordire, gli scudi, i gas velenosi e le sinistre uniformi disegnate per terrorizzare, a meno che non sia possibile fronteggiarli con un equipaggiamento e una tecnologia identici.

Dal momento che il terrorismo è stato progettato in maniera dialettica per fallire, che fare? I banchieri dicono: “Continua a sognare, vi è una possibilità su dieci o cento milioni che tu possa diventare ricco con la lotteria. Un pugno di voi otterrà una grande abbondanza grazie alla sua capacità di distrarre, per quanto brevemente, le masse dal nostro furto continuato dei loro beni e delle loro risorse. Stelle del cinema, calciatori, musicisti pop, noi vi ricompenseremo, vi permetteremo anche di chiederci di liberare qualche miserabile paese in rovina dal peso di un anno del suo debito. Non siamo forse filantropi? Continuate a sognare. I nostri amici dei media hanno popolato la vostra immaginazione di dinosauri, creature da altri pianeti e di un mondo di ricchezza e celebrità da contemplare e adorare.”

Curzio Malaparte ha spiegato: “Poi mi domandava perché il popolo italiano, prima della guerra, non avesse fatto la guerra per cacciare Mussolini. Io rispondevo: ‘Per non dare un dispiacere a Roosevelt e a Churchill, che, prima della guerra, erano grandi amici di Mussolini’. Tutti mi guardarono meravigliati, esclamando: ‘Funny!’. Poi mi domandava che cosa fosse uno stato totalitario. Io rispondevo: ‘È uno stato dove tutto ciò che non è proibito, è obbligatorio. E tutti mi guardavano meravigliati esclamando: ‘Funny!’”.

Come agire?

In tutto −dirigiti verso il suo opposto e il successo è assicurato.

L‘asservimento del genere umano è avvenuto in nome dell’Uomo.

La liberazione dell’uomo sarà in nome di Allah.

La licenza di uccidere in campi di concentramento, Gulag e peacekeeping è scritta nella falsa scrittura, la Costituzione.

La licenza di combattere e uccidere i Kuffar è scritta nel Libro rivelato, il Corano.

Le leggi fatte dall’uomo impoveriscono e schiavizzano.

Le leggi di Allah e del Suo Messaggero arricchiscono e liberano.

Umanismo: il distruttore di civilizzazioni.

Democrazia: Nel nome del genere umano, lo spietato, senza compassione.

Islam: Nel nome di Allah, il Misericordioso, il Compassionevole.

Nella Sura Al-Ma‘ida del Nobile Corano, Allah ordina e guida:

“O voi che avete Iman! Non scegliete i giudei e

i cristiani come vostri amici;

Essi sono amici gli uni degli altri.

Chiunque di voi li prenda come amici

È uno di loro.

Allah non guida un popolo di ingiusti.

Vedrai quelli che hanno una malattia nel loro cuore

Correre verso di loro dicendo:

“Temiamo un rovescio del destino”.

Ma se Allah darà la vittoria

O un ordine da parte Sua,

essi rimpiangeranno i loro pensieri segreti.”

I kuffar pensano di poter riscrivere il nostro Dîn, hanno perfino l’arroganza di dirci ciò che è, secondo la loro versione di esso, per spingerci a fare ciò che vogliono. Non possono avere successo poiché la comunità islamica ritornerà sempre alle sue vere fonti, il Messaggio Finale da parte della Divinità rivolto ai muminun, il Corano, e l’ultimo Messaggero, che Allah lo benedica e gli conceda la pace. È questo il cammino che Egli ha scelto, il quale ci condurrà al ristabilimento della prosperità e della giustizia.

Allah stabilisce le condizioni del successo:

In verità i vostri amici sono soltanto Allah e il Suo Messaggero

e quanti hanno Iman:

coloro che stabiliscono la salat,

pagano la zakat e si prostrano

E quanti scelgono per amici Allah

e il Suo Messaggero e hanno Iman:

in verità è il partito di Allah che avrà la vittoria.

O voi che avete Iman! Non prendete per amici

quelli ai quali fu data la Scrittura prima di voi o i kuffar

che volgono in gioco e derisione il vostro dîn.

Abbiate taqwa di Allah se siete muminun

Risulta chiaro che è necessario operare una distinzione fondamentale tra i kuffar e i muminun. Il Messaggero, che Allah lo benedica e gli conceda la pace, ha dichiarato: “Il kufr è un sistema unico”. La nostra analisi della relazione tra Democrazia e attività bancaria, tra le zone apparentemente separate del commercio, dell’investimento, dei media e dei progetti tecnologici ne conferma la saggezza. Essi hanno connesso ogni struttura sociale fissando il prezzo di tutto. In tutto il mondo la gente è passivamente sottomessa all’ingiusta e inaccettabile imposta sul valore aggiunto. Questa è divenuta uno dei flussi arteriosi di denaro diretto al cuore dell’attività bancaria. Deve essere abolito. Finché ci si varrà della loro falsa valuta si continuerà a nutrire il drago. Ogni scambio privo di un’ingiusta tassazione è accettabile all’interno della legge islamica. Ogni scambio in oro e argento indica la morte della bestia. Il dinar islamico nelle mani del mumin è l’arma del suo successo. In esso è impressa l’autorità dell’‘Amr. La connessione tra ‘Amr, Amir locale e Califfato centrale, ristabilisce il governo personale dopo la degradazione della politica democratica. Il governo islamico non consiste di un esecutivo che legifera e di un giudiziario che riceve i suoi ordini dal primo, con la pretesa di esserne libero. Il Califfato è dominio personale pur essendo l’opposto della dittatura. Intorno a lui vi è un gruppo collegiale che comanda e impone l’attuazione. Il corpo esecutivo è sostituito dal corpo consultivo. Lo Shaykh Al-Islam supervisiona e seleziona i Qadi, designandoli ai loro posti differenti. Il Wazir comanda e impone all’intero nesso sociale l’esecuzione dei suoi progetti in pace e in guerra. I militari sono legati dalla Sunna del Bayat, garanzia di lealtà e coesione interna. L’obbligo del Jihad alle frontiere del dominio islamico è l’assicurazione preventiva che la gente sarà libera dall’orribile conflitto intestino del cittadino contro il cittadino secondo ciclici scoppi di genocidio, come praticato in maniera coercitiva dalla società capitalista kafir. Ogni minima notizia che giungerà alle orecchie del kafir intelligente lo ispirerà a varcare il confine e abbandonare le legioni dell’oscurità capitalista. Chi non vorrebbe la fine dell’inflazione, dei supermarket e la distruzione di quella gente abominevole che ora si gloria di essere la nostra padrona pur non avendo mai versato una goccia di sudore? Chi non vorrebbe porre fine ai massacri urbani, al rapimento e alla violazione dell’innocenza, all’accettazione quasi istituzionalizzata dello stupro? Come è possibile non vedere che l’incondizionata commistione di uomini e donne nel nesso sociale ha degradato queste ultime, spingendole verso una sorta di prostituzione autorizzata che viene rappresentata come la loro libertà?

Uno degli atti di avvio di questa nuova forza di ravvivamento dei musulmani è il rifiuto di quella menzogna proveniente dall’Egitto dei banchieri e degli ‘ulama traditori che ha autorizzato l’haram. Tale menzogna era che la Gente del Libro riunisse ebrei, cristiani e Musulmani in una zuppa ecumenica. Ciò è chiaramente un’amara fandonia. Per come stanno le cose, ebrei e i cristiani insieme ci hanno condotto a questa situazione disastrosa. In quanto i primi, se non per una sparuta minoranza, hanno abbandonato la loro religione e si sono volti ad adorare, come nei tempi antichi, il vitello d’oro nelle loro città sacre, Las Vegas e Hollywood. I secondi non credono più in niente. Fu appropriato che essi fossero finanziariamente distrutti dai banchieri dopo la loro volontaria collaborazione al genocidio. Più profondamente, la loro teologia, che non si è mai rimessa dalla critica razionale della Riforma, è stata ora ridotta al circo mediatico dei raduni di massa di gente incolta e al culto del Papa.

Senza il potere e la furia dell’Inquisizione e di tutto il suo apparato tecnico di tortura, sarebbe stato certo impossibile convincere milioni di persone che il rituale centrale della loro religione implica su basi quotidiane l’antropofagia della Messa. L’ininterrotta ingestione di carne cruda e sangue (o è forse cucinata?) è in se stessa ripugnante, ma quando diviene la garanzia di redenzione per una vita di peccato, l’intelletto deve protestare. Non vi è modo che l’Islam possa congiungersi a queste religioni in rovina, può solo avvertirle e invitarle ad abbandonare la loro deviazione dalla Verità e dalla distruzione che hanno recato al pianeta. In Surat At-Tawba, Allah dichiara:

“Egli è Colui che ha inviato il Suo Messaggero

con la guida e il Dîn della verità,

onde farla prevalere su ogni altro Dîn,

anche se ciò dispiace ai mushrikun.”

Questo è ciò che faremo.

Guardando oggi il mondo, vediamo una serie apparentemente infinita di immagini che mostrano povertà infantile, prostituzione e degradazione. I più fortunati tra essi sono schiavi al lavoro per permettere all’élite kafir europea e americana di indossare scarpe speciali da jogging per smaltire il grasso in eccesso causato dalla loro avidità divorante. Vediamo il continente africano coperto di cadaveri, con i suoi popoli condannati alle arbitrarie frontiere dell’antico imperialismo piuttosto che razionali linee di demarcazione tribali che eliminerebbero le ricorrenti ondate di sterminio di massa. Vediamo il Sud Africa, che, nella sua lotta contro l’apartheid, ha lanciato una Freedom Charter che prometteva di espropriare la ricchezza dell’oro e dei diamanti per darla al Popolo. Non appena la loro leadership ha accettato di rimuovere l’offensiva clausola di espropriazione, gli fu concesso di governare il paese con gli inutili strumenti schiavizzanti della democrazia, un risultato che ha prodotto un’ingiustizia ben più terribile del crimine razziale che avevano sperato di rimuovere. Non è possibile non scorgere il dilemma della fortezza capitalista che domina tutto questo, gli U.S.A. e l’Unione Europea. Crimini civili che non è possibile incontrare neppure in Shakespeare, Goethe o Lope de Vega. Ondate di infanticidi condannati a pene lievi, quindi scarcerati per reiterare il loro crimine. Bambini in scuole borghesi che rivolgono le loro armi automatiche contro i loro compagni ripetendo le stesse stragi che hanno costantemente osservato sugli schermi televisivi mentre i loro genitori lavoravano in banca. Non vi è nulla che non si riveli peggiore rispetto a prima e che non precipiti rumorosamente verso un’irrimediabile fine nichilistica.

Allah dice: “Non ti affliggere per i kafirun”. (V, 70)

Quanto ci è di fronte è il dilagante sistema della finanza usuraria che controlla ogni aspetto della vita, valutando, o per meglio dire svalutando tutto. È la natura onnicomprensiva di questa connessione diffusa a riempire coloro che non sono Musulmani, ma anche, tra questi ultimi, quanti non abbiano ricevuto un insegnamento corretto del loro Dîn, di un senso di impotenza. È chiaro che, nonostante qualsiasi lacerazione, la rete si riconnette lungo nuovi circuiti. Si potrebbe dire che Bonnie e Clyde non hanno distrutto il sistema bancario. Oggi, senza dubbio, assalire una qualsiasi banca si rivelerebbe del tutto futile in quanto la moneta mondiale non esiste più se non sotto forma di impulsi elettronici. Per liberarsi da questo magico e fantastico sistema finanziario, si ricordi come uno dei suoi arcipreti, Zaharoff, con quel temperamento cinico e suicida caratteristico del banchiere ci abbia mostrato la via. Non valersene. Se non lo si utilizza se ne è liberi. È una fantasia immaginaria. Non è realtà. Non è neppure una realtà virtuale. È quella luce intermittente che a guardarla conduce l’epilettico alla crisi. Centinaia di gruppi kuffar nel mondo stanno creando valute alternative, ma, privi della luce e della sapienza dell’Islam, sostituiscono semplicemente un simbolico buono di scambio privo di valore per un altro. La corsa dei banchieri per abbandonare il dollaro, quindi, secondo una logica inesorabile, la futura valuta unica mondiale, rimpiazzando tale pseudomoneta con un data-tagging elettronico che semplicemente misurerà il livello di debito di ogni creatura umana individuale, deve essere impedita.

Ciononostante, i Musulmani devono gettare lo sguardo oltre la magia faraonica del ripugnante mondialismo, la retorica del quale copre il suo vero proposito di un sistema di controllo gestito da un’unica banca. Niente di tutto questo accadrebbe se non fosse per i banchieri e la loro élite collaboratrice. Sono i banchieri stessi a dover essere considerati i nemici della comunità musulmana e di quanti, non Musulmani, si metteranno sotto la nostra protezione attraverso il pagamento protettivo della jizia. Noi, i Musulmani, e i dhimmi nostri protetti, ci schieriamo contro l’unico nemico designato da Allah, gloria a Lui, nel Corano: i Kuffar.

Il grande Malaparte ha scritto: “Il problema della conquista e della difesa dello Stato non è un problema politico, ma tecnico, che l’arte di difendere lo Stato è regolata dagli stessi principi che regolano l’arte di conquistarlo, e che le circostanze favorevoli a un colpo di Stato non sono necessariamente di natura politica e sociale e non dipendono dalle condizioni generali del paese.” Oggi la Banca è lo Stato, e il suo apparato statale è il suo sistema di polizia. Le condizioni favorevoli a un colpo di Banca non sono né politiche né sociali, ma spirituali. Né una crisi politica all’interno della prigione dialettica dei politicanti e del loro dispendioso teatro, né una crisi sociale quale quella regolarmente incombente sulle masse per i capricci della ciclica inflazione e recessione, farà presagire il Colpo di Banca. Verrà piuttosto dai muminun, la cui azione è soltanto per il piacere di Allah, ponendo fine a ciò che Egli ha proibito e ponendo in pratica ciò che Egli ha comandato. Saranno tentati dai banchieri stessi a imboccare il cammino del terrorismo per mezzo di agenti provocatori, nella speranza di invischiarli nella loro trappola. Gli sarà offerta la partecipazione ben più remunerativa a una “Super-Banca Islamica”, o a un impero massmediatico islamico, in una scala maggiore di quanto hanno appena fatto con Fetulah Gülen in Turchia.

Il colpo di Banca non avverrà per la potenza delle nostre azioni, le quali non saranno che il mero inizio di un evento che appartiene interamente ad Allah. L’imprevisto, l’imprevedibile, queste due dimensioni della realtà sono parte dell’arsenale di Allah, il Quale dichiara:

“Complottano e anche Allah complotta.

Ma Allah è il migliore dei cospiratori.” (III: 53)

Le luminose Ayat del Corano che apriranno la prigione dell’usura mondiale, permettendo ai Musulmani di sollevarsi alla loro tremenda vittoria promessa, dichiarano:

“O voi che avete Iman! Abbiate taqwa di Allah

e rinunciate ad ogni riba (usura) rimanente

se siete muminun.

Se non lo farete, vi sarà dichiarata guerra

Da parte di Allah e del Suo Messaggero.

Se farete tawba conserverete il vostro capitale

Non fate torto e non subirete torto.”

(II: 227-228)

“Guerra da parte di Allah” rivela, secondo quanto esposto sopra, che gli usurai non potranno sfuggire all’inevitabilità degli accadimenti destinati in cui sono irrimediabilmente intrappolati. “E del Suo Messaggero” significa che per mezzo del potere accordato a quanti gli obbediscono, la sua Sunna e la sua Shari‘at saranno gli strumenti attivi dell’inevitabile e travolgente vittoria dell’Islam. Questo nuovo risveglio e ravvivamento del Dîn è già iniziato ed è caratterizzato da una comunità islamica rinnovata, elevatasi dai cupi deserti del wahhabismo grazie all’amore appassionato e innalzante per il nostro amato Messaggero, che Allah lo benedica e gli conceda la pace. Sappiamo ora cosa dobbiamo fare. Noi abbiamo cominciato. La ghaliba illa’llah! Non vi è vincitore se non Allah!

APPENDICE−

Da “The Sunday Telegraph”, 30 gennaio 2000:

“…Lord Rothschild, capo del famoso clan bancario e, fino a due anni fa, presidente dell’Heritage Lottery Fund…

…le maniere di Jacob Rothschild sono fascinosamente languide per un tale uomo d’azione. La sua figura allampanata, rivestita di un impeccabile completo sartoriale, è curva dietro un massiccio tavolo di mogano ornato con teste di leone. Pile di fogli e antichi bibelot ingombrano la scrivania; librerie con colonne corinzie e busti marmorei su piedistalli completano l’atmosfera patrizia. Senza dubbio, appare più lo studio di un gentiluomo del XIX secolo che la frenetica postazione di lavoro di un astuto finanziere.

I visitatori non devono lasciarsi trarre in inganno: l’intelletto di Lord Rothschild è tanto acuto quanto le punte sulle cinque stelle nello stemma della dinastia bancaria. “I miei geni derivano per metà dal ceppo inglese dei Bloomsbury, dacché mia nonna Mary Hutchinson era una Strachey, mentre per l’altra dai Rothschild” dice con la sua abituale pronuncia strascicata. “È una dicotomia, ma lo trovo divertente. Ho due interessi: uno è la vita economica, mentre l’altro è il mondo dell’arte”.

La sua fama è cominciata verso la fine del 1985, quale presidente della National Gallery al tempo della costruzione dell’ala Sainsbury. Come i suoi antenati, si sente in dovere di continuare la tradizione Rothschild di filantropia e collezionismo artistico. “Noi (i Rothschild) lo abbiamo sempre fatto”, commenta. “Ovverosia, vivevano nel ghetto al principio del XIX secolo. Ma, non appena arricchitisi, furono sempre animati da senso civico. Queste sono le cose in cui credo… Inoltre, se si è generosi, è più facile chiedere soldi agli altri”.